giovedì 29 settembre 2011

Ibra is back

La sua simpatia è inversamente proporzionale alla sua bravura. E’ vero, il Viktoria Plzen non è il Barcellona e nemmeno la Juve, ma la terra di Pavel Nedved esprime buon calcio e buoni calciatori per tradizione e ieri sera Zlatan ha dimostrato una volta di più le sue immense doti di fuoriclasse. E’ davvero il calciatore più atipico che mi sia mai capitato di vedere, capace di certe giocate solitamente destinate ad atleti più piccoli di 20 cm e col piede più corto di 7 numeri. Il suo limite è caratteriale: la tenuta nervosa non è stagna, ogni tanto perde la trebisonda e troppo spesso nei grandi match l’eccesso di tensione gli gioca contro. Dopodichè, nell’annata “fallimentare” di Barcellona ha messo 21 gol, che per essere la sua stagione peggiore non è poi così male… Ha vinto sette campionati consecutivi, dal 2004 a oggi, due con la Juve, tre con l’Inter, uno col Barcellona e uno col Milan. E con ogni maglia ha lasciato per strada alcuni gesti atletici e tecnici che puoi infilare comodamente in qualsiasi antologia. Ma ieri sera, al di là di Ibrahimovic, il Milan è finalmente tornato a giocare in velocità, facendo leva sulle doti tecniche di alcuni suoi giocatori. Un grande Seedorf (clonarlo, dice Allegri, e come dargli torto), il solito Thiago Silva (qui la classe invece è inversamente proporzionale al suo basso profilo), un ottimo Cassano, che pare proprio avere ritrovato la condizione fisica per giocare 90’ senza andare in sofferenza. Insomma, se dimentichiamo i soliti dieci minuti in cui misteriosamente la squadra arretra, implodendo nella propria area senza ragione, ho visto un Milan tonico e tosto. Con il rientro di Robinho e Boateng la palla viaggerà più veloce tra centrocampo e attacco, e anche la difesa ne beneficerà. Intanto due vittorie senza prendere gol sono un buon segnale, forse la rotta iniziale è invertita. E si va a Torino con il morale alto... Alegher, C.S.



Ranieri, forse qualcosa di più che un “aggiustatore”

Devo ammetterlo per amore d’onestà, soprattutto calcistica orientata al nerazzurro: a me Ranieri non è mai piaciuto più di tanto. Con quella sua aria da finto dimesso unita a quella di saccente dell’ovvio mi provocava un fastidio a mò di sentimento strisciante, in verità mai venuto meno fin dagli albori del suo risiedere in panchina in Italia (i primi sintomi me li ricordo con la Fiorentina), rafforzatosi su quella del Chelsea e capace di raggiungere il culmine su quella insopportabile in toto della Juve (con la Roma no, lì ho trovato modo di trasformarlo in piacevolezza, pregustando come andava a finire poi bene per noi, cosa successa con puntualità). Quindi, quando si è cominciato a vociferare di un suo arrivo sulle nostre amate sponde del Naviglio ho sudato un po’ freddo, ma ho asciugato via il tutto allorquando mi sono reso conto che meglio di Gasperini sarebbe stato chiunque, a patto che arrivasse il più in fretta possibile. Poi, sarà perché vedere qualcuno  con indosso la tuta dai colori amati equivale ad aprire nei suoi confronti automaticamente una solida linea di credito, ho messo in cassaforte i dubbi e aspettato, magari giusto il tempo per vedere cosa sarebbe successo nell’immediato. E quello che si è visto subito contro il Bologna ha ancora sì il sapore dell’ovvio, ma anche del saggio e del dovuto. In fondo, Ranieri ha fatto quello che avremmo potuto fare e immaginare anche tanti di noi, calciofili-tutti-potenziali-mister: rimettere ordine alla squadra ridando ad ognuno il giusto ruolo, piantarla di lasciare scoperta la difesa, irrobustire il centrocampo con compiti non aleatori di copertura vera e ridare al reparto offensivo il giusto peso restituendo a Sneijder le chiavi della regia e inserendo da subito Pazzini, cosa che solo un cieco poteva ostinarsi a non fare. In verità, non tutto si può leggere in maniera così semplice, ché quando si prende in mano un gruppo così a terra possono volerci delle settimane a risollevarlo, e a lui invece sembrano bastate 72 ore: indubbiamente un merito immediato che comporta da parte mia un allungamento con bonus sul credito di cui sopra. Nella seguente partita di Champions a Mosca, poi, al ruolo di “aggiustatore” e “sistematore” a lui universalmente riconosciuto (manco fosse solo un fabbro di media levatura, e lo sto dicendo anche a me) Ranieri ha aggiunto anche quella di sapiente infusore di fiducia, e i ragazzi si sono rimessi i panni di quello che ancora sono e che saranno almeno fino a dicembre: cioè - dopo una striscia strepitosa accumulata negli anni passati - i campioni del mondo per club in carica. Essendo evidentemente riuscito  nell’intento (quindi, si aggiunga a pieno titolo, a questo punto, anche l’aggettivo di “motivatore”, please) nell’occasione il resto è venuto (quasi) da sé, con almeno due dei tre gol realizzati in terra russa connotati da ottima fattura complessiva (e quello di Zarate con lancio di Cambiasso, subito dopo aver incassato il gol del pareggio, addirittura da urlo). Ora siamo solo all’inizio – della sua gestione, della stagione, della corsa-scudetto e dell’avventura da vivere in Champions possibilmente fino in fondo – ma se si parte bene, come si sa, è già di per sé una buonissima cosa capace di spianare la strada, e si tenga conto che con la Roma lui fece lo stesso non più tardi di due anni fa, quando sostituendo Spalletti in corsa contese proprio con noi lo scudetto fino a mezz’ora dalla fine del Campionato. Naturalmente, ottimo modo per continuare su questa strada - finalmente sgombra da incrostazioni del passato più che prossimo - sarebbe battere sabato il Napoli, impresa che ci riporterebbe quasi a tempo di record verso i piani alti. Mi sbilancio: secondo me i presupposti ci sono tutti, a partire da quello che vede la squadra carica fino al fatto che i partenopei, dopo una bella impresa sono abituati (lo si è visto bene anche in questo inizio di stagione) a steccare la successiva. Poi, anche se è pur vero che la striscia dei nostri infortunati è lunga come i grani di un rosario, per loro della partita non sarà Lavezzi, e questo toglie indubbiamente e pesantemente velocità a tutto il reparto offensivo azzurro, soprattutto in una partita che avrebbe potuto (e come probabilmente sarà) essere da loro impostata sulle ripartenze. Beninteso: ritengo grave il pari infortunio lamentato sempre in Coppa da Pazzini (torna presto Giampaolo, per carità!), ma Forlan ha riposato, e in lui vedo e azzardo il probabile uomo partita.
Insomma, sono fiducioso, quasi come uno dei nostri ragazzi robustamente catechizzati da Ranieri in questi primi giorni dal suo arrivo a Milano. Se dobbiamo fare tutti squadra, meglio farlo in fondo, no? T.M.

sabato 24 settembre 2011

In attesa di vedere il Milan...

Tre punti e nessun gol subito: con la rosa dimezzata (12 gli infortunati e 4 i ragazzi della primavera convocati), ci accontentiamo, in attesa di vedere il Milan. Quello andato in onda stasera col Cesena è un facsimile volonteroso e attento, che a tratti ha perfino fatto vedere un buon calcio. Senza Ibra, Boateng e Robinho la squadra è in deficit di cambio di passo e di profondità. I sostituti fanno quello che possono e, siccome gli infortunati invece che calare aumentano, in questo periodo sono costretti a giocare ogni tre giorni, e si vede. Meno male che c'è Seedorf, che stasera ha messo sul piatto esperienza e generosità, oltre al gol decisivo. Ma non solo, anche Van Bommel e Cassano hanno giocato su livelli buonissimi, e tanto basta per il solito bicchiere mezzo pieno, ma questa volta con i punti che servivano come l'aria. Insomma, prendiamo su e portiamo a casa, senza far troppo gli schizzinosi. E alegher, semper alegher. C.S.

mercoledì 21 settembre 2011

Milan - Udinese 1 - 1

Al di là degli infortuni, che cominciano a diventare da guinness, e al di là della paperona di Abbiati, stasera ho avuto la conferma che il Milan ha fatto una campagna-acquisti teoricamente buona ma un po' ottusa nella realtà. Serviva ringiovanire il centrocampo e invece di tenere Strasser (e Merkel) e vendere Gattuso, è stato fatto il contrario. Serviva una punta in grado di sostituire Ibrahimovic, un giocatore come Caracciolo o Borriello, che se non gioca a Roma tanto varrebbe non giocare a Milano, e invece siamo rimasti con le stesse punte vere della scorsa stagione: Pato, che non ha mai fatto una stagione senza almeno un paio di stop, Inzaghi, fermo da quasi un anno e prossimo alla pensione, e Ibra, che dopo qualche anno senza fermarsi prima o poi... In più aggiungiamo la puttanata colossale di lasciare alla Juve un fuoriclasse come Pirlo, che del Milan avrebbe potuto e dovuto essere il capitano, la bandiera. Stasera, dopo l'uscita di Pato, il Milan schierava una formazione che sulla carta non era più forte di quella dell'Udinese. E quindi tocca di prendere questo punto come un mezzo bicchiere che allenta la sete fino alla prima sospirata vittoria, che speriamo arrivi sabato sera contro il Cesena. Nel frattempo registriamo la buona prova di El Sharawi, e proviamo ad accontentarci. Alla fine il Milan ha cercato di fare la partita, e in generale ci è riuscito. Almeno sul piano del carattere un passo avanti c'è stato. Il punto però è che se questa squadra - indipendentemente dagli infortuni - non cambia passo veramente e velocemente, la vedo grigia assai. Quest'anno mi aspettavo un Milan diverso, pensavo che Allegri, dopo il fortunato rodaggio della prima stagione, riuscisse a migliorare e velocizzare il gioco della scorsa stagione. E invece finora ho visto una squadra pericolosamente lunga  e senza molto sprint nelle gambe. Somiglia all'ultimo estenuato Milan di Ancelotti, che riusciva a galleggiare per le giocate dei suoi campioni ma che era sempre lungo come il campo di gioco, e prevedibile. Sembra che a Milano su entrambe le sponde vada di moda la cadenza compassata di Van Bommel e di Cambiasso. In attesa dei rientro dei troppi infortunati, in attesa della forma, e magari anche di un pizzico di suerte. Alegher così così... C.S.

Vedo solo nero: l’azzurro è il bel colore del Novara

Su quello che poteva succedere a Novara sono stato tristemente lungimirante: avrei preferito sbagliare su tutta la linea, naturalmente, ma purtroppo davvero non coltivavo praticamente nessuna speranza che succedesse. La partita si è rivelata la summa di tutte le nefandezze viste fin qua e commesse dall’Inter in questo tristissimo inizio di stagione. Totale incapacità difensiva, centrocampo balbettante da oratorio, attacco assolutamente ridicolo a dispetto dei nomi altisonanti che lo compongono (panchina compresa, e Pazzini rischia di essere paradossalmente l’unico a salvarsi, visto che dal naufragio è stato tenuto incredibilmente fuori), Castaignos - che vorrei mandato a svernare in Russia- naturalmente a parte. E nell’insieme abulia, svagatezza, totale mancanza di senso della realtà e delle proprie capacità: tutte caratteristiche che, se unite all’autentica paura di scendere in campo, formano un mix micidiale e definitivamente affossante. Il Novara – bella squadra, ordinata e messa in campo perfettamente, con più che buone individualità: cito per tutti Porcari e Meggiorini, e pensare che quest’ultimo lo abbiamo svenduto noi… - sembrava il Barcellona dell’ultima del campionato spagnolo contro l’Osasuna, e se non è finita con 8 gol anche nel nostro sacco è solo perché incutevamo iniziale timore reverenziale a prescindere, e quando gli azzurri piemontesi si sono accorti che potevano farci in polpette era per loro troppo tardi. E pensare che avevano davanti una squadra di inetti con la tremarella e con  la testa già rivolta al prossimo allenatore! A questo proposito, spero non diventi Ranieri (probabilmente verrò smentito nelle prossime ore) ché altrimenti saremmo ridotti a vedere in campo una squadra ancora più brutta di questa. Magari capace di qualche pareggio grazie ad una difesa blindata e a un centrocampo arroccato e senza nerbo, con le uniche chance di fare risultato demandate a qualche colpo di fortuna o di genio in partite vissute senza un minimo di fantasia. Quello che ho descritto era la normalità della Roma l’anno scorso, ragione per cui il “mister di San Saba” è stato cacciato a furor di popolo e adesso fatica a girare per le strade dell’Urbe senza essere insultato. Spero molto di più in Delio Rossi  o al limite anche in Zenga che, al di là dei limiti da incorreggibile tamarro, almeno ha cucito addosso la nostra maglia, e questo è quantomeno incoraggiante nel periodo corrente. Altri non ne vedo, e se per caso li scorgessi vedrei però anche nero. Mi manca del tutto l’azzurro da accostargli, e per ora mi ricorda solo il colore del lutto. T.M.

martedì 20 settembre 2011

Gasperini, sinteticamente verso l'addio. Purtroppo.

Sarò sintetico, se ci riesco. Un po’ perché non c’è ancora molto da dire in termini di analisi complessiva rispetto a quanto espresso dall’Inter fino ad oggi, se non restare sorpresi; in fondo, siamo solo all’inizio del campionato e – come diceva un comico famoso e napoletano pensa te, proprio napoletano! – “voglio vedere dove vogliono arrivare”. E poi uso il vocabolo anche in onore del campo di Novara, che da terreno proprio sintetico rappresenta una novità assoluta per la Serie A, e guarda un po’ se proprio a noi doveva succedere.
Osservo anzitutto che nel giro di poche partite in termini temporali siamo passati dal ribaltare il risultato di Cesena (una delle ultime del campionato scorso) con due gol fatti nel giro di tre minuti di recupero oltre al 90esimo (a proposito: Pazzini dove sei?), a prenderne altrettanti e più o meno nello stesso lasso di tempo verso la fine della partita con il Palermo. Credo che la differenza fra le due Inter (quella di… ieri e quella di oggi) stia proprio tutta qui: nella voglia di vincere mostrata in quel finale di stagione in Romagna contrapposta all’incapacità di tenere o reagire (anche se ci stavamo quasi riuscendo: Forlan l’ha messa dentro in uno degli ultimi attacchi disperati) nel recente finale di partita in Sicilia. La squadra è - nella sua ossatura centrale (non nell’insieme: troppe le assenze, e i giovani non sono ancora pronti se non già quasi bruciati) - quasi la stessa (a parte Eto’o, ma preferisco dimenticarmene) ma la mentalità è in maniera molto evidente cambiata, quasi invecchiata di colpo, forse solo semplicemente non ancora registrata (ma ne ha davvero voglia, di registrarsi?) rispetto alle idee del nuovo allenatore e di conseguenza adeguatamente orientata verso gli obiettivi futuri. Basta vedere Zanetti, che fra Palermo e Roma ha commesso un numero di errori quasi pari a tutti quelli fatti in una ventennale carriera in nerazzurro. Oppure Julio Cesar, sorpreso come un acchiappafarfalle o un Dida qualsiasi dalla stangata di Pinilla per il definitivo cannolo del 2 a 4. La solfa è un po’ cambiata, ma solo un po’, in occasione della partita casalinga con la Roma. Anche perché è difficile comprendere, digerire e giustificare un possesso palla al 70% avversario: vuol dire che si è a corto di fiato o di idee, o di tutte e due le cose, e quindi la condizione migliore (fisica e psicologica) è ancora molto lontana dal venire. Se poi le occasioni di gol ci sono state le stesso, poco importa, anzi peggio: vuol dire che non si riesce a finalizzare sotto porta, e così in fin della fiera non si salva nemmeno l’attacco (non voglio più sentire che “Milito è finalmente ritrovato”!) oltre ad una difesa ballerina (e quando i ballerini sono tre vengono i brividi!) e un centrocampo in evidente stato confusionale a partire da chi dirige l’orchestra (chiaramente incazzato per aver avuto in consegna una bacchetta spuntata) fino a chi deve fare da filtro (e qui intendo solo un ancora parecchio sotto tono Cambiasso: gli altri interpreti titolari preferisco constatare che semplicemente ancora non si sono esibiti, e i giovani – se ci si riesce – vorrei rimandarli quantomeno a giugno).
Ho detto di Novara e accennato all’allenatore. Difficile che se va male oggi (ed è assolutamente possibile: la sensazione di botta negativa c’è tutta) per Gasperini si possa pensare ad un allungamento della vita in nerazzurro. Mi dispiacerebbe assai, ché l’uomo e il tecnico (il mix delle due cose per me è fondamentale) mi convinceva fin dal momento del suo arrivo in quel di Appiano, ma la nostra storia dice che a un distacco in termini di punti anche meno incolmabile di così all’inizio di una stagione ha sempre imposto quasi subitanei cambiamenti nella conduzione della squadra. Mi pare che il destino, passando noi appena il confine regionale per andare ad esibirci (?) su quel sintetico, in caso di deblacle sia irrimediabilmente segnato, anche solo se si tratterà di altra prova da brodino caldo. Juve e Napoli avrebbero davvero modo di spiccare il volo, e a quei ritmi mi sa che non li ferma quasi più nessuno. Nemmeno i cuginastri, forse, e questa è l’unica nota quasi positiva di tutto l’ambaradan fin qui confuso che ci ha regalato il campionato , anche se mi viene da suonarla a tono basso: ritrovarsi insieme nella disgrazia di un’annata mediocre con gli odiati (simpaticamente, eh!) rossoneri è davvero consolazione appena appena sopportabile. Della quale, naturalmente, preferirei volentieri fare a meno. T.M.

domenica 18 settembre 2011

Napoli - Milan 3 - 1

Zambrotta, Taiwo, Mexes, Gattuso, Ambrosini, Flamini, Robinho, Boateng, Ibrahimovic, Inzaghi: con la sola aggiunta di un portiere la formazione degli infortunati del Milan (e forse dimentico qualcuno) è piuttosto forte. Contro il Napoli di oggi, così tonico e veloce, il Milan ha patito più del previsto almeno un paio di assenze illustri. Stasera c'era bisogno di corsa, e grinta. Il groove compassato di Van Bommel e Seedorf ha prodotto buon calcio e occasioni finchè il Milan è stato in grado di dettare i tempi della partita. Dal secondo gol del Napoli in poi il re è rimasto nudo e la panchina non aveva grandi possibilità di invertire la rotta. Cavani è stato implacabile: tre gol su quattro palle giocabili, e una prestazione generosa che ha garantito pressione, recuperi e voglia a tutta la sua squadra. Cappello. Anche se l'esercizio è gratuito chiamo in causa Pato, la mia personalissima croce e delizia di questi ultimi anni. Non c'è un attaccante completo e forte come lui, ma se la sua attenzione gli consente di giocare su livelli alti per un quarto d'ora ogni due partite non ci siamo proprio, anche se in quel quarto d'ora può farti vincere il match. Il Milan ha bisogno che Pato diventi un giocatore adulto molto in fretta, che perda meno palloni per distrazione pura, che cerchi di aiutare di più a centrocampo, che non si perda in dribbling astrusi, che non si renda assente per abbondanti quarti d'ora anche quando il pallino ce l'abbiamo noi. Stasera Van Bommel mi ha dato la medesima sensazione di Ambrosini contro il Barcellona: a certi ritmi questi calciatori annaspano e il Milan - contro squadre che giocano in velocità - non se li può permettere. Peccato, perchè Aquilani ha fatto un gol pazzesco (e poteva farne un altro, anche se De Sanctis ha fatto un miracolo). Sette gol subiti in tre partite valgono l'allarme rosso per la squadra che ha vinto lo scudetto con la migliore difesa del campionato. Se Gargano prende palla al limite della sua area e in pochi secondi arriva fino a quella avversaria non c'è molto altro da aggiungere, il problema di questo Milan è il filtro di centrocampo; in altre tre o quattro occasioni (terzo gol del Napoli incluso) una palla persa in una zona di campo apparentemente innocua si è trasformata magicamente in un'occasione da gol. Merito del Napoli, che già a Manchester ha dimostrato la sua caratura, ma il centrocampo del Milan ha certamente esaltato la velocità degli avversari. Vero che a Napoli si può perdere, non saremo gli unici nel genere, e per il momento sospenderei il giudizio, però la classifica dice che abbiamo gli stessi punti dei cugini tanto giustamente bistrattati, e Napoli e Juve sono partite in quarta... alegher, fino a un certo punto... C.S.

martedì 13 settembre 2011

Barcellona - Milan 2 - 2

Prendo il bicchiere mezzo pieno, e me lo bevo. Certo, noi milanisti siamo abituati bene, e non è facile adattarsi a valori tecnici così diversi. Insomma, mi accontento, d'altronde la stessa partita la vedi quando in campo ci vanno il Real fastiliardario, il grande Manchester Utd, l'Inter di Murigno. Nel bicchiere mezzo pieno c'è una eccellente attenzione in fase difensiva (Nesta su tutti) e due gol molto belli e molto diversi. In quello mezzo vuoto c'è il rammarico per avere peccato di leggerezza (o di ansia) nei primi 20', quando con un po' di lucidità avremmo potuto segnare un altro gol. Purtroppo Pato, dopo l'invenzione del 1', si è dato assente. Mi aspettavo Emanuelson e non Cassano, che ci ha obbligati a giocare in dieci per un'ora. Avrei preferito Aquilani ad Ambrosini, che mi sembra in condizioni misere. Si è sentita la mancanza della velocità e della corsa di Robinho, oltre al fatto che con Ibra la squadra avrebbe avuto qualche chance in più di salire e contenere la sofferenza. E l'infortunio di Boateng ha reso meno efficaci le ripartenze. Certo, ai punti avrebbero meritato di vincere 3 a 1, ma va rilevato un fatto: solitamente il Barcellona crea molte più palle-gol di quanto non abbia fatto stasera. E' vero che la percentuale del possesso-palla parla da sola, ma se tolgo i gol (un'invenzione pazzesca di Messi e un calcio di punizione) ricordo un palo esterno di Messi (sempre su calcio piazzato) e un paio di altre occasioni nitide. Nel secondo tempo non ricordo grandi interventi di Abbiati. Questo non significa che il Milan mi sia piaciuto, penso però che contro la squadra più forte del pianeta abbia giocato una partita onesta. Sono rimasto impressionato dalla condizione fisica degli attaccanti blaugrana, forse la differenza vera è in gran parte lì. Mentre Cassano passeggiava e Pato - gol a parte, bellissimo - veniva regolarmente anticipato, Villa, Messi e Pedro erano in movimento perpetuo. Però stasera il mantra blaugrana ha funzionato fino a un certo punto, la difesa del Milan non si è lasciata ipnotizzare più di tanto, e questo - considerati i valori in campo - è un merito. Se non ci fosse la stata la zuccata di Thiago Silva in zona-Cesarini la penserei un po' diversamente, ma poco: dopo la partita contro la Lazio temevo un tracollo e invece, con un poquito de suerte, abbiamo portato a casa un risultato d'oro. D'altronde, come diceva Vujadin Boskov: partita finisce quando arbitro fischia. Alegher. C.S.

Allegri's list

Fin qui Allegri è stato bravo, vincere campionato e supercoppa all'esordio non è da tutti, anche se la squadra si chiama Milan. Ho la sensazione che - se un po' di fortuna lo assiste - con lui potremmo vedere un calcio frizzante, sorprendente. Le sue intuizioni in questi mesi sono state tutte all'insegna della velocità, Boateng, Abate e Robinho le carte che ha saputo giocare al meglio e che hanno fatto la differenza vera. Stasera al Camp Nou - data l'assenza di Ibra - vedremo probabilmente altri due giocatori che sembrano avere le caratteristiche per confermare il progetto che mi pare abbia in testa: Emanuelson e Nocerino. Giocheranno davanti alla difesa insieme a Van Bommel, con Seedorf e Boateng pronti ad alternarsi negli inserimenti al fianco di Pato, e mi sembra la scelta di partenza più intelligente. Se il papero sarà in serata di grazia e il Milan riuscirà a conquistare qualche palla a centrocampo e ripartire (tra il dire e il fare...) è il giocatore che - con la sua velocità - più di chiunque altro può mettere in crisi una difesa che schiera due centrali come Mascherano e Puyol. Allegri lo sa e preferisce - almeno così pare - non regalare nulla a centrocampo per cercare di sorprendere la difesa blaugrana con il gusto della giocata improvvisa. Difficile, ma senza Ibra credo che sia la strada più naturale e – in qualche modo - obbligata. Sempre che la Dea Eupalla non decida - anche stasera - di ispirare il folletto più geniale del calcio mondiale, perchè in quel caso avremmo poche speranze. Piuttosto, in questi giorni Allegri è stato bistrattato da più parti per non avere inserito Inzaghi (e nemmeno El Sharawi) nella lista Champions, e il destino lo ha accontentato immediatamente, visto che oltre a Ibra non ci sarà nemmeno Robinho (che per le sue caratteristiche è un'assenza altrettanto pesante). E' davvero misterioso capire la ragione dell’inserimento di Gattuso (che salterà per squalifica cinque partite su sei, che potrebbe anche essere una fortuna…) quando in rosa ci sono solo tre punte vere. Stasera con Cassano in campo la panchina non avrebbe alcuna alternativa offensiva, e il paradosso raddoppierebbe in negativo. Lo staff tecnico del Milan si è dimenticato della squalifica di Gattuso ? Mi sembra l'unica spiegazione plausibile. Se invece, come dicono i protagonisti, è una scelta, allora non so se preferire la maldestraggine consapevole del Milan o quella distratta dell’Inter con Forlan… 
E comunque: Forza Vecchio Cuore Rossonero. C.S.

lunedì 12 settembre 2011

Cassata alla siciliana. Indigesta.

Ho seguito la partita dell’Inter contro il Palermo con un crescente senso di smarrimento. All’inizio mi è parsa evidente la confusione che attanagliava tutti gli undici miei ragazzi in campo, ma con l’andare del tempo – che in una partita incombe sempre – la confusione è se possibile aumentata, con le conseguenze evidenti che ne sono derivate. Parto da lontano, e dalla posizione di Zarate: può sembrare un particolare inutile nell’insieme dell’orchestra stonata che ha suonato in trasferta e in notturna al Barbera, ma i particolari – se ben analizzati - non sono assolutamente mai inutili. Più che da quella, in verità, dovrei partire dalla sua presenza: smarrito, evanescente, stralunato. Già credo sia stato un errore prenderlo (lo dico da quando si vociferava del suo ingaggio), lasciarlo poi giostrare largo e isolato a sinistra nella sua prima uscita è stato un suicidio. Se possibile, poi, peggio ancora è stata la sua sostituzione con Snejider, e qui – i ricorsi storici anch’essi, non mancano di importanza - mi sono ricordato di un giovane Pirlo nell’Inter. Allenava Tardelli, non poteva fare a meno di metterlo in campo, ché un genio è sempre difficile da accantonare. Quel – fortunatamente per poco – furbone di tecnico lo mise nella stessa posizione di cui sopra, forse animato dall’idea che se la palla fosse mai arrivata dalle sue dimenticate parti avrebbe combinato qualcosa. Finì che Pirlo non vide quasi mai la biglia, e qualche altro grande esperto di calcio – dopo qualche altro esperimento suicida del genere andato a male – lo regalò al Milan, con tutte le conseguenze del caso che pesano ancora oggi (e adesso le conseguenze le patirà proprio il Milan, ne sono convinto, per averlo dato senza troppo rimpianto ai gobbi). Tornando all’oggi (anzi: allo ieri sera…) per fortuna a un certo punto Snejider se ne è fregato (penso sia stata un’idea sua: il cambio di zona e di marcia è stato troppo repentino) delle indicazioni e si è accentrato: non a caso a quel punto (metà del secondo tempo) abbiamo espresso il gioco migliore. Poi però sono arrivati i ridicoli buchi in difesa, e qui passiamo finalmente al nocciolo del problema. Gasperini – che comunque io non considero negativamente, in generale – credo abbia confuso la sua idea fondante di calcio (intorno alla quale evidentemente lui fa girare tutta la relativa filosofia) rispetto al materiale umano/calcistico che si ritrova a disposizione. E questa, se mi si permette, è un’ingenuità. Se, oltre a non capire come disporre al meglio gli uomini davanti, insisti nel voler applicare un modulo con la difesa a tre in una squadra che ha la precisa vocazione all’attacco (obbligo dovuto, fra l’altro, alla sua naturale predisposizione rispetto al dovere di leadership) vuol dire che forse dell’Inter, fino ad ora,  non hai capito molto. Oppure gli è che non sei predisposto alla vittoria sempre e comunque, e di conseguenza sei destinato a finire nel dimenticatoio dei tanti allenatori che sotto la parte giusta della Madonnina sono durati al massimo l’espace d’un matin. A Palermo la difesa – soprattutto nel finale di partita, quello che ci ha affondato: in quel modo può succedere al Genoa, non all’Inter – è apparsa ridicola, con un centrale fra i più forti del mondo costretto a coprire una fascia, l’altro (idem) costretto a falli come fosse un fabbro ferraio qualsiasi (graziato, ingiustamente, dall’arbitro) e un calciatiore fantastico e tuttofare come Zanetti a sua volta costretto nel ruolo di marcatore tout court rinunciando così giocoforza alle sue classiche e micidiali ripartenze che da vent’anni sono una delle armi vincenti della squadra. Se poi a questo si aggiunge un portiere che per una sera diventa “umano”, forse diventa normale (normale?) che si prendano quattro pappine dal Palermo (dal Palermo!). Per il resto, si può recriminare sulle assenze, su qualcuno ancora fuori condizione (Stankovic su tutti: quasi invisibile), sul fatto che non basta mettere Jonhatan al posto di Maicon anche se si presenta quasi come un suo quasi-sosia (e invece è solo un giovane di buona volontà che per raggiungere i suoi livelli deve ancora mangiare qualche robusta tonnellata di pane). Ancora: non si può confidare sul fatto che un trottolino giapponese capace di fare benino qualche partita l’anno addietro sia diventato a tutti gli effetti un campione franco e titolare, o accontentarsi di un rimpallo carambolato in rete per dare come certo che Milito sia tornato quello di due anni fa. In verità, per non vedere tutto nero (invece, per vedere nero e azzurro mi lascio ancora un tempo) non mancano le note positive. Forlan mi pare un ottimo attaccante con le idee chiarissime e i fondamentali (a tutto campo) assolutamente in regola, Obi sta crescendo a vista d’occhio e Alvarez (anche se metterlo in campo al posto di Cambiasso, che fino a quel momento si era dimostrato l’unico incontrista degno di quel ruolo, ha acuito le mie perplessità) mi ha stupito per personalità, tecnica e portamento: tutte doti che fanno sperare in un futuro alla grande per un ragazzo, nella speranza che non ci si adoperi per bruciarlo alla prima stecca. In conclusione, in un’ottica di futuro ravvicinato mi pare logico pregare per un immediato ritorno alla difesa a quattro, per auspicare la veloce visione di Snejder posizionato naturalmente in mezzo a distribuire palloni (questo prima che si stanchi e si sieda nell’attesa del trasferimento), e per qualche chiarezza certa su come predisporre le pedine nell’ultima fase offensiva, non tralasciando il fatto che lasciare il centravanti attualmente più prolifico della nostra Nazionale in panchina è altra bufala che non definisco colossale solo perché intendo dare al nuovo tecnico qualche altra possibilità di ravvedersi: è doveroso. Nell’afflato giustificatorio e buonista che contraddistingue questo mio inizio di campionato immagino che per  Pazzini la panchina sia stata scelta dovuta  anche agli impegni di Champions imminenti, che insieme a quelli di campionato in arrivo – c’è la Roma: se non finisce in un pari, uno dei due allenatori è già sull’orlo dell’abisso – già mi fanno tremare le vene dei polsi, e che questo tremolio sia ascrivibile ai prossimi 90 da giocare contro il Trabzonspor è già abbastanza indicativo del mio, ma son certo non solo del mio, debole stato d’animo nerazzurro attuale. Così mi sorge spontanea una domanda: ma è possibile che il nostro periodo d’oro risalga solo all’altro ieri? E me lo chiedo perché guardando la partita con il Palermo e le amnesie prolungate in ogni parte del campo mi pare sia passato un secolo dai fasti appena trascorsi. Sembra di essere ripiombati nella “normalità” sofferente dell’Inter-squadra-mai-del-tutto-definita che prima di Mancini e Mourinho mi ha accompagnato in anni e anni di mal di stomaco. Ma forse sto esagerando, e magari già dalla prossima partita si macina di nuovo alla grande. Quontomeno me lo dico, lo scrivo e voglio crederci. T.M.

O Rey del Salento

Il Milan lo acquistò quando non aveva ancora 14 anni, due anni a Milanello e qualche difficoltà d'adattamento. A malincuore la società rossonera dovette lasciarlo tornare a casa. Ma il campione - evidentemente - era già ben visibile. Dieci presenze in nazionale sono una miseria, per un calciatore di tale classe. Ieri sera, l'ennesima prestazione sublime. Certo Fabrizio Miccoli non è un fotomodello, è un po' troppo tatuato, investe massicciamente in orecchini e sbaglia sempre parrucchiere. Anche per questo i media lo hanno sempre trascurato, e le grandi squadre (ad eccezione della Juventus per un periodo troppo breve) pure. Nonostante tutto ciò continua, anche adesso che sta entrando nella fase finale della sua carriera, a regalare perle agli amanti del "misterosenzafinebello". C.S.





venerdì 9 settembre 2011

Milan - Lazio 2 - 2

Il Milan di stasera mi è parso molto vicino - ahimè - a quello un po' stremato, lungo e sfilacciato dell'ultimo Ancelotti. Onore e merito alla Lazio, che nelle zone alte darà molto fastidio. L'ingresso di Van Bommel al posto di Gattuso ha in parte raddrizzato la baracca, ma il deficit agonistico di alcuni giocatori (Nesta, Gattuso, Ambrosini) e un po' di confusione tattica hanno generato una prestazione intermittente. E' probabile che l'assenza di Seedorf abbia fatto pensare ad Allegri che fosse saggio alternare Ibrahimovic nel ruolo di trequartista, posizione che naturalmente di tanto in tanto ricopre. Ma stasera ha esagerato, non ricordo una partita in cui Ibrahimovic è entrato in area così poco, con l'eccezione del gol e di un altro paio di occasioni. A Reja non pareva vero. Ho la sensazione che Allegri dovrà ragionare presto e bene su un centrocampo senza Gattuso (ai laziali dico: a ridatece Brocchi!) e Ambrosini, che garantisca più corsa e cambio di passo; il Milan dell'anno scorso ha vinto perchè tre giocatori nuovi (Abate, Boateng e Robinho) hanno ricominciato a fare prassi di un verbo che qualche predecessore aveva dismesso dalla propria attività: correre. Stasera gli unici a mettere in campo gambe e polmoni sono stati Abate e Antonini, ma intorno a loro il clima era un po' museale, con l'eccezione di Cassano (!). Credo che Nocerino partirà titolare molto presto, e probabilmente anche Aquilani. Thiago Silva non ha mai lasciato Nesta da solo, povera stella, ma i suoi inserimenti a centrocampo - in una partita come questa - avrebbero potuto essere determinanti. Un'ultima nota sul quarto d'ora di Pato: per dieci minuti buoni non ha letteralmente visto la biglia. Poi la Barbara si è defilata per qualche istante dai suoi pensieri, ed è riuscito a toccarla due volte: la prima per omaggiarla - distrattamente devoto - al centrocampo della Lazio e la seconda per sparacchiare un tiro che poteva essere decisivo per i tre punti. Non giudico un quarto d'ora, sarebbe ingeneroso e sbagliato. Ma questo attaccante, che ha una media realizzativa da fuoriclasse, troppo spesso entra in campo come se fosse ancora tutto da dimostrare, col balbettio di un esordiente. Portiamoci a casa questo punto, che la Lazio è squadra ostica. Se non ci fosse la partita di Barcellona mi calerei nella condizione che gli anglosassoni chiamano "wait and see" con misurata fiducia, ma al Camp Nou ci si deve andare: se il Milan entra in campo con la determinazione di stasera rischia la goleada. C.S.



mercoledì 7 settembre 2011

Andrea Pirlo

Negli idiomi lombardi il verbo pirlare significa girare, nell’accezione estesa si intende “su se stessi”, nello sviluppo ulteriore – perché nei dialetti l’importante è esagerare – vale il verbo cadere. Non contento di un delta tanto ricco il verbo pirlare ha generato l’aperitivo più popolare del bresciano, che si chiama “pirlo”, un cocktail composto da spumante Franciacorta, Bitter Campari e seltz. Andrea Pirlo è un po’ tutto questo (caduta a parte): nel modo di dribblare indugiando veronica, sovente reiterata, nell’imprevedibilità di certe aperture “no look”, in un calcio mai banale che tiene sveglie le papille di chiunque ami questo gioco. Quando nel 1998 andò all’Inter per noi rossoneri fu un duro colpo, nel Brescia e nell’Under 21 era una gioia per gli occhi. Quando nel 2001 l’Inter lo cedette al Milan a titolo definitivo pensavo che fosse uno scherzo, un fuoriclasse come lui avrebbe potuto fare la fortuna di qualsiasi grande squadra. Infatti. Può giocare in qualsiasi posizione del centrocampo, è partito da mezzala ed è approdato al ruolo di centromediano metodista avanzato, dotato di un tiro portentoso e di un senso della posizione innato. Nei momenti di difficoltà è l’ossigeno, in quelli di agevolezza il battito. Uno che non ha paura di sporcarsi le mani, se serve il mediano non manca mai all’appello, nonostante le sue doti di fiorito dicitore. Mai una dichiarazione sciocca, una protesta plateale o un fallo cattivo. Semplicemente, un grande calciatore; uno di quelli in grado di determinare il gioco e le sorti di qualsiasi grande squadra. Avrei scommesso sul rossonero a vita e invece Pirlo da quest’estate è bianconero e non sarà facile metabolizzare la perdita di un fuoriclasse. Sarebbe stato un capitano ideale nel segno dello stile, in campo e fuori. C.S.



lo stadio