Una delle passioni che
hanno accompagnato il tempo della mia adolescenza è stata la fotografia.
Giravo con una Minolta e
deliravo per il bianco e nero sgranato. Tra il 1974 e il 1980 ho consumato
qualche chilometro di Ilford HP5, la pellicola che si adattava alle mie umili
mire artistiche. Stampavo in casa, con un piccolo ingranditore Durst.
Chiuso nello sgabuzzino,
a temperature tropicali, prima di passare all’asciugatura delle mie opere sui
muri piastrellati del bagno. Mia
madre, la mattina dopo, intonava le stesse solfe: “Claudio, adesso porta via
tutta questa roba da qui … !”
Con l’eco della nonna:
“Eh si Claudio, la tua mama la g’ha resùn !”.
En passant va detto che
la mia nonnina chiamava la fidanzata del Marelli “Sciura Tiziano”, sublimando
il gergo della sua squisita milanesità insieme alla sfera sentimentale del mio
amico interista.
Già all’inizio degli
Ottanta le nuvolette della passione andavano diradando. Per tentare il colpo di
coda avevo affiancato alla Minolta una Canon fiammante, la prima col motore
incorporato, un giocattolo che, ai tempi, sembrava fantascienza.
Tenevi schiacciato il
pulsante dello scatto e ta-ta-ta-ta-tac la camera ti sparava quante foto volevi
in una prodigiosa rullata, ideale per la foto sportiva ma da usare con parsimonia,
con un rullino da 36 pose bastavano tre raffiche e avevi esaurito le scorte…
Estate del 1983, 2 Luglio
per la precisione. Quello che di lì a poco sarebbe diventato il patron del
Milan si mette in testa di organizzare un torneo serale con le squadre di
Milano, la Juve e, a turno, un paio di grandi compagini sudamericane: il
Mundialito. Quell’anno giunsero a Milano il Flamengo e il Penarol.
Il Marelli, che abitava
una ventina di metri sotto il mio appartamento, una sera mi incrocia davanti al
portone: Claudietto (ero già sui 90 chili prima della colazione già evacuato,
sic, ma lui ancora adesso mi chiama vezzeggiando…) ti piacerebbe vedere il
derby del Mundialito a bordo-campo, insieme ai fotografi ufficiali ?
Dico, Marelli, te se
matt, e me lo chiedi ? Cosa vuoi che ti dica, dimmi dove e quando e sono già
lì. Non ricordo la
ragione per cui il mio amico serpente avesse accesso a certe possibilità,
sicuramente qualcosa che c’entrava con la sua professione di giornalista, la
fibrillazione per l’evento superava la curiosità.
Fatto sta che seguo le
sue direttive e mi presento davanti ai cancelli di San Siro con largo anticipo,
e la macchina fotografica a tracolla, lui mi appioppa una pettorina dove c’è
scritto “STAMPA” e mi fa entrare sul manto erboso dove di lì a poco avrebbe
avuto inizio il derby.
Raccomandazione, di rito,
ma ci stava: Claudietto, stai schiscio, la categoria è quella dei fotografi
professionisti, tu stai lì buono, fai le tue foto, goditi la partita, non ti
scoprire troppo, se qualcuno ti chiede di che giornale sei stai sul vago, tipo
“free lance”, mi raccomando non farmi fare brutte figure.
Bene. A 23 anni per la
prima (e unica) volta cammino sul manto erboso del Tempio (Merci, Marelì).
Mi piazzo dietro la rete
di Zenga, sperando di poterlo apprezzare nel gesto del portiere che,
incolpevole, si china a raccogliere i palloni della sconfitta. Per onor di
cronaca va detto che il Milan era reduce dal Purgatorio, ma già schierava tre
giocatori che avrebbero segnato un’epoca scintillante nella squadra che oggi è
considerata “la più forte di tutti i tempi”:
Nuciari – Tassotti –
Evani – Pasinato – Canuti – Baresi II – Icardi – Romano – Serena – Verza –
Incocciati.
L’Inter, sulla carta
certamente più forte:
Zenga – Bergomi – Ferri –
Baresi I – Collovati – Bini – Van Der Giip – Sabato – Altobelli – Beccalossi –
Marini.
L’anno prima avevamo
ceduto Collovati ai bauscia, e in cambio erano arrivati “Vapore” Pasinato,
Canuti e Serena.
Tempi bui ma pieni di
voglia.
Note sparse: Nuciari è da
tempo il preparatore dei portieri dell’Inter. Ho avuto un debole per Vinicio
Verza. Non mi ricordo di Van Der Giip.
Il Milan è in serata,
scatto pochissime foto e guardo la partita con avidità. Impressiona vedere da
vicino il livello atletico di certi giocatori, un passaggio rasoterra di 20
metri è un tiro in porta. Nei cross l’area è un’accolita di energumeni che se
le suonano di santa ragione.
Ed è proprio da un cross
che vedo spuntare la zazzera bionda di Aldo Serena, che piazza la zuccata
vincente dell’1 a 0.
Esulto implodendo, ligio
alle raccomandazioni del Marelli. L’Inter preme, cerca di recuperare lo
svantaggio, ma il Milan è in partita.
Secondo tempo, cambio di
campo. Anche per me, che per un paio d’ore vivo alle spalle di Walter Zenga.
Inizia la ripresa e Altobelli
pareggia, ma non mi ricordo come, strano vero ?
Non passano cinque minuti
che davanti a me, sul margine destro dell’area nerazzurra vedo ciondolare
Vinicio Verza (non saprei dire, non mi ricordo, ma passatemi la libidine).
Serena è sul versante opposto del campo, finta di andare al centro e si
allarga. Vinicio lo vede e pennella un cross lungo che piove sul suo piede
sinistro. Io sono sulla diagonale, appoggiato ai cartelloni pubblicitari. Mi
dico: adesso stoppa a seguire e mi si presenta davanti a Deltaplano Zenga,
l’Aldone. Mi sbaglio.
Il Nostro si blocca di
colpo e aspetta il cioccolatino, carica il sinistro (che è il suo piede) con
tutta la forza che ha.
L’impatto è al bacio, il
siluro parte dritto e devastante.
Zenga accenna al volo
quando ormai lo schianto è cosa fatta. Sette pieno, imprendibile. Un golasso,
come oggi direbbe Josè Altafini (lui che nel Milan, e non solo, ne ha fatti
tanti).
Ma chi c’è ad abbracciare
Serena sul prato del Tempio ? C’è Baresi, c’è Evani, e Verza, Romano … e poi … ?
E poi ci sono io … eh eh
eh … ma dai ? Ma si, sun proppi mì, con la macchina fotografica che mi salta
sul petto, in salopette rossa e “all stars” bianche (sono un ex-cestista).
Sento delle urla dietro
di me, non mi volto, mi disperdo nella confusione dello stadio appena esploso,
il cuore batte forte, quasi certamente ho un’espressione che vagola in una
fissità un po’ ebete, la trance è evidente, corro verso il fuoco.
Serena mi abbraccia e mi
guarda stranito, è un attimo, gli grido “grande Aldo, che gol, che gol, che gol
!!!”.
Sono nell’area
dell’Inter, in piedi, da solo, a pochi metri da Zenga. I giocatori del Milan
tornano a centrocampo (la partita la vinceremo noi). In un baleno di coscienza
alzo lo sguardo e corricchio verso il mio posticino, dietro la porta. Mi
vengono incontro due fotografi che mi prendono per le braccia e mi trascinano
via: “Ma sei impazzito
? Ma scusa, tu chi sei ? Ma lo sai che ci puoi rovinare ?”
Mi piove addosso una
gragnuola di insulti, mi rimettono a sedere. Non li sento, godo troppo (la
doppietta dell’ex …) e mi scosto in fondo alla fila, muto. Penso a Tiziano,
chissà se mi ha visto … Ma sono andato proprio in campo ad abbracciare Serena ?
Si. Mi sa proprio di si.
A fine partita tutti i
fotografi (almeno una decina) mi guardano con ostilità. Uno di loro mi fa,
duro: “non farti più vedere”.
Olamadona, penso io,
cos’ho fatto, ho abbracciato un essere umano con la maglia rossonera che mi ha
dato la gioia di segnare un gol da cineteca che ci ha regalato la vittoria
contro i bauscia. Dovrebbero essere tutti contenti, no ?
Incrocio Tiziano, che ha
visto la partita dietro la porta del Milan: Sanfi, ma sei scemo ? E ride con un
matto: “Ma tu sei proprio fuori …”. Io lo guardo: ”ma almeno hai visto che gol,
eh ? L’hai visto ? Due pappine due, caro Marelli, a-ca-sa !”.
A casa, appunto. che sarà
stata mezzanotte. Accendo la tele e guardo il servizio su Italia Uno. Scorrono
le azioni, i gol … vuoi vedere che … eh già: al gol di Serena mi vedo caracollare con la mia corsa
piuttosto peculiare, disemm inscì (tipo quella dei cani al trotto, di traverso)
che taglio l’area e piazzo il braccio sul collo dell’Aldone. In coda si vedono
i fotografi che saltano in piedi per cercare di fermarmi.
Abbracciare Serena. Però
– solo per una volta – l’Aldo. C.S.
p.s. - Per la serie “vita
vera” potete visitare il seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=3rPgpMe983U
e al minuto 7:45, per un paio di secondi, vedrete un tipo in salopette rossa
che sta seduto alla destra della porta difesa da Zenga. Al gol di Serena (su
cross di Pasinato e non di Verza, ma il bianchetto l’ho buttato via) il tipo in
questione, che poi sarei io, si alza esultando e sta per entrare in area.
Purtroppo la ripresa si interrompe per lasciare spazio ai replay. Però si vede
che Serena, in primo piano mentre esulta, si volta verso la porta e non verso i
meravigliosi compagni di casacca. Sta guardando me, che gli vado incontro di
corsa. Dopo qualche secondo nell’abbraccio ci sono anch’io, anche se non si
vede. Grazie per l’applauso, dovere.
dal sito di Panorama - link: http://blog.panorama.it/libri/2012/01/13/abbracciare-serena-alle-fine-del-derby/#more-17520