giovedì 25 agosto 2011

in libreria


«Nella vita di un milanista nato e cresciuto a Milano ci sono alcune certezze. Una di queste è che ogni giorno è costretto a condividere amicizie, parentele, studio, lavoro e qualche volta persino l’amore (insomma, la vita) con una quantità smodata di interisti.»
Claudio tifa Milan (o tiene al Milan, come direbbe lui), e non saprebbe nemmeno spiegare come sia nata questa passione, tanto gli sembra naturale. Tiziano tifa Inter e anche per lui la fede nerazzurra non ammette spiegazioni, ovvia come una funzione vitale. Calcisticamente su sponde opposte, quindi, che più non si potrebbe. Eppure i due sono amici per la pelle, da quando più di trent’anni fa si conobbero per le scale del condominio dove abitavano, nel quartiere Città Studi di Milano.
Claudio e Tiziano, come si sarà capito, sono gli autori di questo libro, uno spumeggiante dialogo a distanza a colpi di miti, riti (e, perché no, liti), sfottò, equivoci, sofferenze, trionfi, scaramanzie, manie e tic da tifoso milanese. Un derby della penna in cui ognuno mette mano al proprio armamentario di “diavolo” o “serpente” per regalarci una galleria di ritratti comici e struggenti – il nonno Vincenzo, la sciura Carla, Enrico Cucchi – e una girandola di episodi spassosi e imprevedibili, teneri e bizzarri: i primi calci all’oratorio (al Gallaratese quello di Claudio, a Niguarda quello di Tiziano) e il primo derby a San Siro, indimenticabile come il primo bacio; la torta per il decimo scudetto del Milan – un gigantesco profiterole bianco a forma di stella – commissionata dalla società direttamente alla pasticceria del papà di Claudio; o quella volta in cui proprio Claudio, imbucato a bordo campo come fotografo, irrompe sul terreno di gioco per abbracciare insieme ai compagni di squadra Aldo Serena, autore del gol della vittoria milanista; senza dimenticare quando Tiziano – interista in incognito – ha dovuto partecipare al “chi non salta nerazzurro è” intonato dai suoi colleghi strarossoneri dell’ufficio stampa del Milan (ebbene sì!): «Io saltellavo, ma in realtà non staccavo mai davvero i piedi da terra, quindi non commettevo nessun sacrilegio» ci tiene a precisare.
Fedeli a San Siro è una divertente e (auto)ironica fenomenologia del derby meneghino, “un viaggio nell’epos della pedata” alla milanese, per dirla con Gianni Brera, uno dei numi tutelari cui i due protagonisti-autori sono più devoti, insieme a Rivera e Beccalossi, beninteso. E se le due squadre milanesi la fanno da padrone, la città non è da meno. Così il calcio diventa anche il pretesto per rendere con scanzonata nostalgia un omaggio a una Milano che forse non c’è più, e a quella di oggi, che non sarà proprio come quella che non c’è più, ma che, insomma, tanto male non è. E almeno su questo l’Interista e il Milanista sono profondamente d’accordo.

4 commenti:

  1. Spero di essere il primo a lasciare un messaggio, di solito "porto buono"...
    Vi auguro successo(ma già siete uomini famosi) e divertimento(quello non guasta mai)... tirando in ballo il nefasto inno che
    sappiamo: "You'll never walk alone", nel senso che alle presentazioni del vostro(capo)lavoro troverete un sacco di gente amica,a seconda che siano BUONI amici(MILANISTI) o cattivi amici(inter)!
    Comunque vada il Puma di Lambrate ci sarà...
    Fabio Treves

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  2. Caro Fabio, si, sei il primo a lasciare traccia tra i fedeli a San Siro e per noi è un onore, non avrebbe potuto esserci un post-vernissage migliore, soprattutto scrivendo dalla mia sponda rossonera... quando leggo che il Puma di Lambrate ci sarà il mio cuore vola alto... Ugh, ho detto. Sanfi

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  3. Carissimi, mi avete fatto "rivedere" la sleppa di Benetti nell'unica partita giocata da centravanti... me la ricordo quella bomba da quaranta metri, vista dalla telecamera alle spalle della porta, ero un ragazzino impressionabile!

    Andrea Vagnoni

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  4. caro Andrea, a parte che prima o poi dovremo incrociare la mia chitarra col tuo contrabbasso, ti ringrazio per avere rievocato la parola "sleppa", che io continuo ad usare ma che mi sono accorto di avere colpevolmente dimenticato nel libro. E si che di occasioni per scrivere "sleppa" me ne sono create un bel tot di volte nel corso dei ventitre capitoli che ho scritto... va bè, se avrò un'altra occasione la "sleppa" avrà la ricompensa che merita... un abbraccio, sanfi

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