Prato di insalata (russa), linee di caviale iraniano, a bordo-campo le magnum da 100 litri di uno champagne così buono che sembra un rosè, le porte d'oro (firmate da Manzù o da Michelangelo), l'arbitro vestito come Hitler così mantiene l'ordine in campo, il portiere bendato che para una damigiana... il paradosso verticale di una comicità stratosferica e lieve in uno sketch del 1974 che non ha tempo.
Allo stadio ci vado ogni tanto, da anni non ho più l'abbonamento al mio Milan, e non ho la "tessera del tifoso" perchè la mia religione lo vieta.
Quando ho portato per la prima volta i miei figli a San Siro ho dovuto consegnare in banca i loro documenti d'identità (avevano 8 e 6 anni), e ho firmato la "dichiarazione antimafia".
Non è un altro estratto dallo sketch di Cochi e Renato, è la verità. Il paradosso è un'arma intelligente per trascendere la realtà, ma può capitare che la realtà si vendichi fottendosene dell'intelligenza. Quella volta i bambini restarono quasi imprigionati nei "tornelli innovativi", che pesano come un tir norvegese carico di incudini, i poliziotti che ti accolgono dopo l'ingresso sono lì a spingere le pressofusioni in soccorso a donne, bambini, persone anziane. Provo a immaginare questo sketch con gli ingredienti di oggi, con quella libertà espressiva che nel vocabolario non annoverava parole come share, audience e rating. E rido, che fa bene al sistema nervoso, e piace molto alle donne. C.S.
Dal sito di Panorama - link: http://blog.panorama.it/libri/2011/11/15/lo-stadio/
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