28 marzo 2012, ore 18: il Quim mi aspetta davanti a San Siro nel parcheggio riservato ai tifosi blaugrana, ci siamo conosciuti un anno fa a Sant Joan de Vilamajor, ameno villaggio di collina a mezz’ora da Barcellona. Ero lì per partecipare al Granollers Jazz Festival, e il mio pard catalano Joan Sanmarti, fine chitarrista e arrangiatore del concerto che abbiamo tenuto insieme, mi portava ogni mattina nel suo bar, prima di andare alle prove.
Colazione e futbol, le curiosità saporite delle nostre fedi calcistiche, una consuetudine appena accennata che apriva la giornata col sorriso. Quello di Quim stringe ad ogni passo, contagioso e rauco. A Milano si è portato suo figlio, suo fratello e alcuni amici. Scambio di gagliardetti: quello blaugrana è una birra gelata dal frigo-camper, e una spilla con lo stemma del club catalano. Quello rossonero è una copia di Fedeli a San Siro con dedica, e due bottiglie di “tinto”. Amb l’amistad, uniti contro il profeta di Setubal, che a loro sta sulle balle tam quam. Bene.
Si entra nel tempio, terzo anello riservato alle tifoserie ospiti, con tanto di rete protettiva per impedire il lancio di oggetti. Pare che sia successo un paio di volte, qualche anno fa, così l’uefa ha imposto l’ennesimo muro per limitare i danni del becero che avanza. Poco male, la festa per el partidon è un’altra storia, cuor contento ciel l’aiuta.
Gli amici catalani non si aspettavano uno stadio così bello; San Siro, nonostante la somma di anelli e coperture, resta un posto molto buono per vedere il calcio. Ci fosse anche un terreno all’altezza sarebbe perfetto, ma tant’è. Quando ero un ragazzo c’era “la porta del freddo”, con l’area che ghiacciava, adesso ci sono alcune zone di campo dove le zolle crollano, manco fosse la tana suprema di un esercito di talpe. Mica si può andare avanti così, partite del genere meritano un bigliardo, ma senza le buche.
Il Milan parte bene e potrebbe segnare dopo 2’, se non fosse che Robinho si divora la palla-gol che qualsiasi giocatore sognerebbe di avere tra i piedi. Era solo da appoggiare in rete, aveva perfino il tempo per stoppare e mirare con calma, invece sparacchia una specie di rinvio, manco fosse Puyol, che ringrazia. Poco dopo Ibra, imbeccato da una preziosità del Clarence (il migliore in campo per un’ora, prima di alzare bandiera bianca per raggiunti limiti di fiato), se ne divora un’altra.
Se ai fenomeni regali due bonus del genere non hai molta speranza di uscire vivo. Il Barça cresce, comincia a dipanare il suo mantra, crea un paio di palle-gol, vedo la panna che comincia a montare.
Ci sarebbe anche un rigore su Sanchez, non limpidissimo ma che si poteva dare. Il Milan soffre e cerca di ripartire, però gioca in dieci, Robinho passeggia amabilmente per il campo e non tiene una palla che è una. E’ una partita di attenzione tattica esasperata, non ultraspettacolare come si attendeva, ma godibilissima e ben giocata da entrambe le squadre. Il gol che avrebbe sparigliato e mosso le acque non arriva, il centrocampo del Barça cerca in tutti i modi di ipnotizzare il Milan, che però riesce a tenere alta la concentrazione, nonostante le assenze e i cerotti. Mi pare che quest’anno se c’è una squadra che il Barcellona patisce, questa è il Milan, come già dimostrato.
Nell’intervallo cerco di andare in bagno, ma desisto e resisto. Ci sono tipo 150 persone che fanno la fila, scopro che per tutto quel settore (migliaia di posti) ci sono la bellezza di quattro toilettes. Complimenti vivissimi al direttore. In compenso per tutto l’intervallo parte la musica della Champions a palla, roba da inquinamento acustico punibile con l’arresto, il volume è insopportabile, il rimbombo nel catino è perfino peggio. Impossibile telefonare, molto complicato scambiare due parole col vicino. Per un quarto d’ora San Siro si trasforma in un incubo sonoro, ma l’assuefazione da centro commerciale rende bevibile anche questa sbobba, ormai si ingurgita tutto, anche la sigla della Champions in loop per un quarto d’ora.
Prego che entri il Faraone per Robinho e all’inizio della ripresa c’è il cambio, si gioca undici contro undici, finalmente. Il Milan non cambia partita e non cede un’oncia di attenzione sulle distanze, il Barca cerca di lanciare le sue micidiali esche per attirare negli spazi la retroguardia rossonera e colpire, ma stasera – nonostante nel secondo tempo giochino Mesbah, Bonera, Mexes e Antonini (non esattamente una retroguardia che resterà nella storia del calcio) – la fase difensiva è registrata a dovere, e il Barcellona fa più fatica a farsi vedere dalle parti di Abbiati, comunque decisivo in almeno tre occasioni. Gran partita di Ambrosini (l’avevo battezzato al tramonto definitivo, mea culpa) e di Nocerino.
El Sharawi gioca col piglio del titolare navigato e Allegri – mi dico – deve averlo notato una volta per tutte. Speremm.
Ibra conferma la striscia negativa da big match, evidentemente in queste partite la tensione lo divora; corre e si impegna, ma quasi sempre fa scelte sbagliate e ogni tanto gli sale una specie di intermittenza indolente, si fa pescare in fuorigioco come un esordiente. Và a dà via i ciapp, Ibra, se al Camp Nou vogliamo giocarcela mi devi scendere in campo tutto intero, mica a pezzi. Altrimenti mi tocca sperare che al tuo posto ci sia il Maxi, la nostra “galina de oro”, uno di quei centravanti che con i suoi movimenti dà senso alla manovra d’attacco. Una cosa che mi rimanda a Crespo, o a Cruz. Tutti argentini, sarà un caso.
Forse il Milan avrebbe potuto osare di più, ma per farlo contro la squadra più forte del mondo avrebbe dovuto ricevere coraggio da un attacco meno svagato. Risultato giusto, qualificazione aperta. Il 25% che davo al Milan prima di questa partita resta intatto, in tre partite al Barcellona abbiamo segnato quattro gol. Martedì prossimo, se il Milan riuscirà a ripetere lo stesso match in fase difensiva, potrebbe bastarne uno.
Andiamo a casa, che la partita è finita ? No. Dopo avere salutato il Quim, un nome che mi suona vagamente salgariano ma che è una variante di Joaquim, mi tocca aspettare quasi un’ora prima di uscire dallo stadio, scortato dalla polizia insieme a qualche migliaio di tifosi del Barcellona. L’unico quarto di finale ad essere ancora in bilico è questo, e per me – da cuore rossonero, anzi, vermell i negre – è una bella soddisfazione.
Raggiungo trafelato il parcheggio con la testa nel frigo di casa, fame da avanzi della cena, da dopopartita. Un signore anziano mi fa toc-toc sul finestrino: mi scusi, non è che può darmi uno strappo in Piazzale Lotto ? Prego.
Grazie, che Dio la benedica.
Via, per così poco?
Ma si vede che è stanco, gli risparmio un chilometro che vale doppio. Prima che scenda gli dico “che bella questa tuta del Milan”.
“Bravo lei che l’ha notata, ma lo sa di chi era questa tuta ? Era di Schiaffino, del grande Pepe.”
Buonanotte, vell cor fort vermell i negre. C.S.
dal blog "quasirete" della Gazzetta dello Sport - link:
http://quasirete.gazzetta.it/2012/03/30/la-tuta-del-pepe-vermell-i-negra/