Sono
d’accordo con Ranieri, quindi preferisco tralasciare ogni considerazione sul
fatto che forse l’Inter – una volta di più – abbia finalmente “svoltato”. Ogni
svolta, purtroppo, mi sembra ancora lontana dal venire, ed è quasi meglio
ragionare sul fatto che i bei tempi andati, con una squadra messa così, non
tornano più tanto presto. Facciamocene una ragione e guardiamo avanti, ma
proprio per questo, per il bisogno di guardare avanti con costrutto, voglio
riavvolgere il nastro delle imprese nerazzurre di qualche giorno fa, che può
essere utile per tutti.
Infatti,
dopo le partite con Udinese e CSKA non sapevo se essere infuriato, se mollare
il colpo o vedere la cosa con ragionamento. La prima sensazione con l’andare
delle ore mi è passata, la seconda non sia ma che un nerazzurro lo faccia, e
allora mi rimane la terza. Quindi, vediamo di ragionare e mettere dei punti
fermi, e uno di questi si riferisce a dopo la sconfitta con i friulani.
Riportano le cronache che, a seguire quella prova inguardabile, due dei
protagonisti più perversi di quella che non si dovrebbe nemmeno definire
partita, Zarate e Alavarez, sono stati beccati in discoteca a ballare fino alle
cinque del mattino. Sarà che a me dopo una partita persa nella vita, di
qualsiasi partita si tratti, l’ultima cosa che mi viene da fare è andare a
ballare, ma la cosa mi è sembrata surreale. Al massimo cado in momentanea
depressione, voglio restare solo, e a farmi compagnia accetto solo un mio amico
che si chiama Johnny Walker, che mi sorbisco in quantità assolutamente moderata
e lui mi sopporta in paziente attesa di essere trangugiato; poi, via a letto, e
(questo sì) domani è un altro giorno e si ricomincia. E, tanto per entrare
ancor più nel merito: che cazzo ci sarà mai da festeggiare fin quasi al
sopraggiungere dell’alba dopo una pena di un’ora e mezza più recupero di uno
spettacolo simile? Del resto, i due ragasssi in questione non sono gli unici
esempi del genere che abbiamo e abbiamo avuto in squadra. Non tendo mai a dare
per scontate le voci che arrivano da più parti sui calciatori e la loro vita
gaudente, ma siccome ormai alcuni spifferi sono cresciuti fino a diventare
intense folate di bora, qualcuno mi sa spiegare come mai, da qualche tempo,
quando si mormora di Maicon e Sneijder non lo si fa per narrare le loro gesta
all’interno dei rettangoli di gioco, ma piuttosto quelle che riguardano
l’elevato tasso alcoolico (quindi, non più tanto quello tecnico) che son bravi
ad assorbire? Molte “vedette” non solo nerazzurre, infatti, pare ne abbiano
potuto prendere atto con i loro occhi, in diversi trani di lusso del centro
città e della periferia. Forse che questo spiega la “tenuta” fisica circoscritta
ormai alla prima mezz’ora di gioco per entrambi, prima di sparire nel nulla del
vacuo nerazzurro generale? Problemi fisici solo muscolari, i loro? Mah… Ho
detto mezz’ora ma forse ho esagerato, visto che ormai le loro ultime
apparizioni quasi non me le ricordo. Soprattutto quelle del Wes, al quale del
resto ho già faticosamente perdonato (e l’ho fatto solo per amor di bandiera e
patria calcistica) l’orrendo film del suo matrimonio nel senese solo pochi mesi
fa e che le cronache impietose non ci hanno risparmiato, un vero e proprio
trionfo di kitsch pacchiano con tanto di traino di cavalli bianchi e sposini
assisi in carrozza, della serie: non facciamoci mancare niente, noi che adesso
possiamo e mai avremmo potuto immaginare solo qualche anno fa.
Ho
anche pensato che dev’essere l’aria di Appiano, forse troppo “pulita” in
generale, e allora a qualcuno dei nostri campioni forse vien voglia di
sporcarsela un po’ qua e là, come del resto appunto dimostra la storia
nerazzurra passata e recente, zeppa di altre vittime illustri. Mi vengono in
mente al volo - ed evito di scavare nella memoria alla ricerca di altri, sennò
il mal di stomaco aumenta - Ronaldo, Vieri e Adriano, e i balli sfrenati e
l’alcool a fiumi non erano nemmeno le uniche distrazioni, ché al peggio scontato
non c’è mai fine soprattutto se a darne mostra son bambocci viziati ai quali
non pare vero di poter combinare qualcosa che si avvicina all’armamentario
squallido dell’arricchito medio e senza cervello.
Ma
io mi domando: è tanto difficile passare qualche anno nella veste dell’atleta e
basta, per poi scatenarsi e fare quello che si vuole appena appese le scarpe
bullonate al chiodo? Vale la pena perdere milioni di euro (che le stupidaggini
reiterate alla fin fine pesano sul rinnovo d’ingaggio) e vagonate d’ammirazione
incondizionata da parte di schiere di tifosi adoranti per rovinarsi la vita, la
reputazione e la forma fisica invece di aspettare a farlo quando poi non si
deve rendere conto a nessuno, soprattutto ai compagni di squadra seri? Già, i
compagni di squadra seri, tutta un’altra categoria. Mi viene in mente una
serata di qualche anno fa, alla Comuna Baires di Milano. Ospite d’onore era
Javier Zanetti, chiamato a rispondere alle domande del (folto, foltissimo)
pubblico. Finito il bellissimo “balletto” (un tango immaginario e struggente,
giusto ritmo per l’onore da rendere all’illustre ospite) di botte e risposte,
si va tutti a cena insieme. Ricordo che il nostro capitano ha pasteggiato a
pizza, insalata verde e acqua minerale naturale, poi alle dieci e un quarto ha
guardato l’orologio, si è alzato e ha salutato perché il giorno dopo aveva
l’allenamento: si è scusato, ma - testuale – doveva andarsene perché non poteva
fare “più tardi di così”. I capelli erano sistemati come sempre li abbiamo
visti sistemati sulla crapa solida di Zanetti, in nessun lembo scoperto del di
lui corpo si intravedevano tracce bluastre di orrendi tatuaggi, il sorriso e la
cortesia verso tutti gli astanti erano ben stampati su viso e sguardo luminosi.
Quando è uscito il nostro Javier ha lasciato dietro di sé la sensazione che
fosse passato qualcuno di etereo e nello stesso tempo di molto fisico, la
stessa immagine che resterà nella memoria di tutti noi anche quando avrà smesso
di giocare sfilandosi la fascia da capitano, un simbolo vivo e concreto che
nessuno vorrebbe mai abbandonasse. Nella memoria di noi interisti tutti
intendo, gli stessi ai quali un giorno qualcuno potrebbe chiedere chi mai erano
Zarate e Alavarez, e magari non sapremo nemmeno bene cosa rispondere. O forse sì,
e potrebbe suonare più o meno così: due giocatori discutibili mai del tutto
realizzati, però nottambuli abituali che si sono persi nella nebbia in un
periodo particolarmente buio per l’Inter. Poi, diranno le cronache del futuro,
per fortuna è arrivata – davvero! - la “svolta”, e tutto ha ricominciato a
girare per il verso giusto... T.M.
pubblicato il 14/12/2011 nel sito di Panorama - link:
http://blog.panorama.it/libri/2011/12/14/quando-il-fuori-orario-diventa-un-insulto-alla-maglia/
pubblicato il 14/12/2011 nel sito di Panorama - link:
http://blog.panorama.it/libri/2011/12/14/quando-il-fuori-orario-diventa-un-insulto-alla-maglia/
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