mercoledì 21 dicembre 2011

quelli come Beppe Viola


Per un Milan - Inter degli anni Settanta finito 0 a 0 senza un tiro in porta Beppe Viola, che doveva realizzare il servizio per la Domenica Sportiva, decise di mandare in onda le immagini di un derby del 1963 per rispetto dei settantamila di San Siro, incolpevoli vittime di quello che aveva definito un "derbycidio". Dei tanti episodi che narrano il suo "modo di stare in campo" questo mi sembra il più emblematico. Inventore di battute fulminanti ("il pugile torna all'angolo: come sto andando ? Se lo ammazzi fai pari" oppure "sopporterei 37 e 2 di febbre tutta la vita pur di avere la seconda palla di servizio di Mc Enroe"), gestore dell'Ufficio Facce, luogo incaricato a riconoscere il tifo dalla fisionomica (Lei è del Milan, vero ?), giornalista, sceneggiatore, scrittore di canzoni. Un eclettico naturale col bonus di una capacità di osservazione fuori dal comune e una leggerezza capace di trasmettere conoscenza e calore umano senza prendersi sul serio. Frequentatore assiduo di San Siro anche nel senso dell'ippodromo, dove poteva incontrare facce che scrivevano da sole. Un purosangue poteva presentarlo così: "quando il nome di un cavallo esce dall'ippodromo e diventa popolare vuol dire che il cavallo è proprio un grosso tipo". Insomma, un fuoriclasse. In una televisione popolata da giornalisti sportivi che riescono a chiamare "scarpini" le scarpe da pallone è bene ricordare la sua lezione. Che non ha tempo. C.S.


dal sito di Panorama - link: http://blog.panorama.it/libri/2011/11/29/quelli-come-beppe-viola/

lo stadio


Prato di insalata (russa), linee di caviale iraniano, a bordo-campo le magnum da 100 litri di uno champagne così buono che sembra un rosè, le porte d'oro (firmate da Manzù o da Michelangelo), l'arbitro vestito come Hitler così mantiene l'ordine in campo, il portiere bendato che para una damigiana... il paradosso verticale di una comicità stratosferica e lieve in uno sketch del 1974 che non ha tempo.
Allo stadio ci vado ogni tanto, da anni non ho più l'abbonamento al mio Milan, e non ho la "tessera del tifoso" perchè la mia religione lo vieta.
Quando ho portato per la prima volta i miei figli a San Siro ho dovuto consegnare in banca i loro documenti d'identità (avevano 8 e 6 anni), e ho firmato la "dichiarazione antimafia".
Non è un altro estratto dallo sketch di Cochi e Renato, è la verità. Il paradosso è un'arma intelligente per trascendere la realtà, ma può capitare che la realtà si vendichi fottendosene dell'intelligenza. Quella volta i bambini restarono quasi imprigionati nei "tornelli innovativi", che pesano come un tir norvegese carico di incudini, i poliziotti che ti accolgono dopo l'ingresso sono lì a spingere le pressofusioni in soccorso a donne, bambini, persone anziane. Provo a immaginare questo sketch con gli ingredienti di oggi, con quella libertà espressiva che nel vocabolario non annoverava parole come share, audience e rating. E rido, che fa bene al sistema nervoso, e piace molto alle donne. C.S.


Dal sito di Panorama - link: http://blog.panorama.it/libri/2011/11/15/lo-stadio/

Riletture: Gigi Garanzini - Nereo Rocco. La leggenda del Paròn continua.




1. Tuto quel che se movi su l'erba, daghe. Se xe la bala, pasiensa.
2. Vinca il migliore, Signor Rocco. "Ciò, speremo de no".
3. Primi anni sessanta, trasferta del Milan in Francia, un giornalista si rivolge al Paròn: "Monsieur Rocco, mon ami...". Risposta: "Mona a mi? Mona a ti e anca testa de gran casso".
4. Viene nominato Cavaliere della repubblica: "Ma no i ga altri mone de darghe premi, 'sti Italiani?"
Lo zibaldone orale di Nereo Rocco, il Paròn, è un'apoteosi della battuta schietta. 
Un grande personaggio e un grande uomo di calcio la cui memoria merita un libro bello come quello che gli ha dedicato Gigi Garanzini, La leggenda del Paròn. La prima edizione risale alla fine degli anni novanta, edita da Baldini & Castoldi. Due anni fa ne è uscita una aggiornata e arricchita di nuovi interventi che porta un titolo leggermente diverso: Nereo Rocco - la leggenda del paròn continua (Mondadori - Strade Blu).
Garanzini racconta Rocco con amore e stile, fiutando tra le radici della passione che ha rappresentato un porto franco per milioni di Italiani negli anni del post-dopoguerra e del boom economico. Dalle sue pagine la figura del Paròn si materializza in un corpo che trasmette i valori che già allora facevano a pugni con le nuove sirene della modernità: amicizia, convivialità, rispetto, sportività, umorismo, umiltà. Quelle cose che sono (dovrebbero) stare sempre al centro (o a centrocampo...) e che Nereo Rocco ha testimoniato senza un'oncia di retorica in una vita spesa a far correre il pallone sul prato. Garanzini ama la visione della vita che il Paròn incarna, e la racconta a più voci, senza sperperare nulla di quel tesoro che il grande triestino ha costruito nel tempo. Ogni episodio è il pretesto ideale per restituire al lettore l'origine di quella passione capace di sentire sport, saggezza e tradizione come un'unica bandiera, come un bel modo di stare al mondo. Da tenere sempre in parte al comodino. C.S.


dal sito di Panorama - link: http://blog.panorama.it/libri/2011/12/16/riletture%C2%A0gigi-garanzini-nereo-rocco-la-leggenda-del-paron-continua/

mercoledì 14 dicembre 2011

Quando il fuori-orario diventa un insulto. Alla maglia.




Sono d’accordo con Ranieri, quindi preferisco tralasciare ogni considerazione sul fatto che forse l’Inter – una volta di più – abbia finalmente “svoltato”. Ogni svolta, purtroppo, mi sembra ancora lontana dal venire, ed è quasi meglio ragionare sul fatto che i bei tempi andati, con una squadra messa così, non tornano più tanto presto. Facciamocene una ragione e guardiamo avanti, ma proprio per questo, per il bisogno di guardare avanti con costrutto, voglio riavvolgere il nastro delle imprese nerazzurre di qualche giorno fa, che può essere utile per tutti.
Infatti, dopo le partite con Udinese e CSKA non sapevo se essere infuriato, se mollare il colpo o vedere la cosa con ragionamento. La prima sensazione con l’andare delle ore mi è passata, la seconda non sia ma che un nerazzurro lo faccia, e allora mi rimane la terza. Quindi, vediamo di ragionare e mettere dei punti fermi, e uno di questi si riferisce a dopo la sconfitta con i friulani. Riportano le cronache che, a seguire quella prova inguardabile, due dei protagonisti più perversi di quella che non si dovrebbe nemmeno definire partita, Zarate e Alavarez, sono stati beccati in discoteca a ballare fino alle cinque del mattino. Sarà che a me dopo una partita persa nella vita, di qualsiasi partita si tratti, l’ultima cosa che mi viene da fare è andare a ballare, ma la cosa mi è sembrata surreale. Al massimo cado in momentanea depressione, voglio restare solo, e a farmi compagnia accetto solo un mio amico che si chiama Johnny Walker, che mi sorbisco in quantità assolutamente moderata e lui mi sopporta in paziente attesa di essere trangugiato; poi, via a letto, e (questo sì) domani è un altro giorno e si ricomincia. E, tanto per entrare ancor più nel merito: che cazzo ci sarà mai da festeggiare fin quasi al sopraggiungere dell’alba dopo una pena di un’ora e mezza più recupero di uno spettacolo simile? Del resto, i due ragasssi in questione non sono gli unici esempi del genere che abbiamo e abbiamo avuto in squadra. Non tendo mai a dare per scontate le voci che arrivano da più parti sui calciatori e la loro vita gaudente, ma siccome ormai alcuni spifferi sono cresciuti fino a diventare intense folate di bora, qualcuno mi sa spiegare come mai, da qualche tempo, quando si mormora di Maicon e Sneijder non lo si fa per narrare le loro gesta all’interno dei rettangoli di gioco, ma piuttosto quelle che riguardano l’elevato tasso alcoolico (quindi, non più tanto quello tecnico) che son bravi ad assorbire? Molte “vedette” non solo nerazzurre, infatti, pare ne abbiano potuto prendere atto con i loro occhi, in diversi trani di lusso del centro città e della periferia. Forse che questo spiega la “tenuta” fisica circoscritta ormai alla prima mezz’ora di gioco per entrambi, prima di sparire nel nulla del vacuo nerazzurro generale? Problemi fisici solo muscolari, i loro? Mah… Ho detto mezz’ora ma forse ho esagerato, visto che ormai le loro ultime apparizioni quasi non me le ricordo. Soprattutto quelle del Wes, al quale del resto ho già faticosamente perdonato (e l’ho fatto solo per amor di bandiera e patria calcistica) l’orrendo film del suo matrimonio nel senese solo pochi mesi fa e che le cronache impietose non ci hanno risparmiato, un vero e proprio trionfo di kitsch pacchiano con tanto di traino di cavalli bianchi e sposini assisi in carrozza, della serie: non facciamoci mancare niente, noi che adesso possiamo e mai avremmo potuto immaginare solo qualche anno fa.
Ho anche pensato che dev’essere l’aria di Appiano, forse troppo “pulita” in generale, e allora a qualcuno dei nostri campioni forse vien voglia di sporcarsela un po’ qua e là, come del resto appunto dimostra la storia nerazzurra passata e recente, zeppa di altre vittime illustri. Mi vengono in mente al volo - ed evito di scavare nella memoria alla ricerca di altri, sennò il mal di stomaco aumenta - Ronaldo, Vieri e Adriano, e i balli sfrenati e l’alcool a fiumi non erano nemmeno le uniche distrazioni, ché al peggio scontato non c’è mai fine soprattutto se a darne mostra son bambocci viziati ai quali non pare vero di poter combinare qualcosa che si avvicina all’armamentario squallido dell’arricchito medio e senza cervello.
Ma io mi domando: è tanto difficile passare qualche anno nella veste dell’atleta e basta, per poi scatenarsi e fare quello che si vuole appena appese le scarpe bullonate al chiodo? Vale la pena perdere milioni di euro (che le stupidaggini reiterate alla fin fine pesano sul rinnovo d’ingaggio) e vagonate d’ammirazione incondizionata da parte di schiere di tifosi adoranti per rovinarsi la vita, la reputazione e la forma fisica invece di aspettare a farlo quando poi non si deve rendere conto a nessuno, soprattutto ai compagni di squadra seri? Già, i compagni di squadra seri, tutta un’altra categoria. Mi viene in mente una serata di qualche anno fa, alla Comuna Baires di Milano. Ospite d’onore era Javier Zanetti, chiamato a rispondere alle domande del (folto, foltissimo) pubblico. Finito il bellissimo “balletto” (un tango immaginario e struggente, giusto ritmo per l’onore da rendere all’illustre ospite) di botte e risposte, si va tutti a cena insieme. Ricordo che il nostro capitano ha pasteggiato a pizza, insalata verde e acqua minerale naturale, poi alle dieci e un quarto ha guardato l’orologio, si è alzato e ha salutato perché il giorno dopo aveva l’allenamento: si è scusato, ma - testuale – doveva andarsene perché non poteva fare “più tardi di così”. I capelli erano sistemati come sempre li abbiamo visti sistemati sulla crapa solida di Zanetti, in nessun lembo scoperto del di lui corpo si intravedevano tracce bluastre di orrendi tatuaggi, il sorriso e la cortesia verso tutti gli astanti erano ben stampati su viso e sguardo luminosi. Quando è uscito il nostro Javier ha lasciato dietro di sé la sensazione che fosse passato qualcuno di etereo e nello stesso tempo di molto fisico, la stessa immagine che resterà nella memoria di tutti noi anche quando avrà smesso di giocare sfilandosi la fascia da capitano, un simbolo vivo e concreto che nessuno vorrebbe mai abbandonasse. Nella memoria di noi interisti tutti intendo, gli stessi ai quali un giorno qualcuno potrebbe chiedere chi mai erano Zarate e Alavarez, e magari non sapremo nemmeno bene cosa rispondere. O forse sì, e potrebbe suonare più o meno così: due giocatori discutibili mai del tutto realizzati, però nottambuli abituali che si sono persi nella nebbia in un periodo particolarmente buio per l’Inter. Poi, diranno le cronache del futuro, per fortuna è arrivata – davvero! - la “svolta”, e tutto ha ricominciato a girare per il verso giusto... T.M.


pubblicato il 14/12/2011 nel sito di Panorama - link:
http://blog.panorama.it/libri/2011/12/14/quando-il-fuori-orario-diventa-un-insulto-alla-maglia/

lunedì 5 dicembre 2011

Un caffè con Odoacre




Da qualche tempo, la mattina, mi capita di prendere il caffè al bar seduto ad un tavolino di distanza da Odoacre Chierico, ex giocatore della mia Inter e poi della Roma ormai di un bel po’ di anni fa. E quello è uno di quei momenti in cui, in maniera assolutamente inconsapevole, ridivento immediatamente bambino. Come quando facevo, appunto fin da piccolo, se mi capitava per strada di incontrare un calciatore e rimanevo a bocca aperta per tanto fortuna, mi guardava intorno per vedere se c’era qualcuno che mi conosceva e avesse poi potuto testimoniare - se ce ne fosse stato bisogno - che l’incontro era avvenuto davvero. E per un po’, solo per un po’, sembrava che la mia vita andasse viaggiando incrociata con qualche mito di quelli, magari solo il tempo necessario per qualche passo o per uno sguardo che sarebbe rimasto impresso solo a me.

Cose del genere – l’ho scritto anche nel libro – mi sono capitate quando all’oratorio di Niguarda venivano a tirare calci al pallone il lunedì (il loro giorno libero) Sandro Salvadore o Aquilino Bonfanti, cooptati da Don Gabriele perché facessero sentire a noi ragazzi quanto quello spazio, in quei tempi ormai andati, fosse ancora più insostituibile. Ma anche poi diventato io più grande la stessa sindrome da bambino basito dalla visione dei miti in maglietta e calzoncini (anche se per strada il vestiario loro era naturalmente “borghese”) è continuata. Mi ricordo una volta di essere rimasto con la brioche a mezza bocca vedendo entrare nel bar dove allora facevo colazione (era il mitico Matricola di viale Romagna, a Milano) Cesare Maldini con suo figlio Paolo, da poco diventato titolare fisso in prima squadra (più o meno venticinque anni fa, e comunque ero già ben grandicello), ancor più sorpreso del fatto che facessero colazione nello stesso modo mio (cappuccino e, appunto, brioche) tanto che per pochi attimi mi sono sentito atleta possibile, dimenticando che in quel periodo ero invece parecchio scosso dai danni provocati dalle almeno quaranta sigarette al dì che (allora) fumavo. O, qualche volta, il momento felice del dopopartita, fuori dai cancelli di San Siro quando si aspettava che i calciatori risalissero sul pullman e si chiedeva l’autografo indistinto: bastava che qualcuno-qualsiasi di loro lo facesse, che comunque andava benissimo. Il particolare più vivo che conservo di quei momenti era lo scoprire la tonalità dei capelli di quelli che si spingevano fino a noi per mettere uno scarabocchio su un foglietto di risulta: il castano non si coglieva nella tv in bianco e nero (e nemmeno il biondo accesissimo, se è per quello, e Haller con tanto di lentiggini fu una scoperta assoluta) e si aveva la sensazione di essere parte di una cerchia che aveva la fortuna ravvicinata e quasi esclusiva di aver scoperto il mondo del calcio a colori molto prima dell’avvento televisivo a tutte tinte. Per dire, la capigliatura marroncina tendente al chiaro di Sandro Mazzola fu una rivelazione sorprendente proprio di una di quelle domeniche pomeriggio, che riporto vivissima negli occhi ancora adesso.
Altre apparizioni sparse e indimenticabili negli anni furono quelle di Giacinto Facchetti (un passo imperiale, il suo) in via Durini a Milano poco tempo prima che si sapesse che era irrimediabilmente malato (a me sembrò, quel dì, invece l’uomo più sano della Terra). Ancora, Pietro Paolo Virdis, e per una ragione tutta particolare: anni fa eravamo seduti in due tavoli diversi nello stesso ristorante a Milano e solo poco settimane fa mi sembra di averlo incrociato sul metrò a Roma, ma forse era un sosia e in ogni caso quel “lui” – chiunque dei due fosse - era consapevole del mio sguardo fiso allucinato, visto che mi rispondeva a sua volta fissandomi, ma come se fossi scemo.
La stessa sorta di sindrome di Stendhal mi ha colpito, anche se sono un po’ riuscito a contenerla non dandola molto a vedere, per tutto il tempo che ho fatto il giornalista sportivo e mi sembrava di vivere in un luna park gratuito (i bambini adorano i luna park). Sono riuscito quindi a passare quasi una giornata intera con Maradona senza dar fuori di cotenna, ma comunque pizzicandomi ogni tanto per convincermi che non stavo sognando. Un’altra volta l’emozione era così tanta che ho bruciato con la brace della mia sigaretta - in sala stampa del Meazza (si poteva ancora fumare pure lì, e anche questo particolare testimonia del tempo assai passato) - un giubbotto a Beppe Bergomi facendo finta di niente, ché ripagarlo mi sarebbe costato almeno tre mesi di quella collaborazione (il quotidiano era Reporter) e spero che se mai leggerà ora di questo mio outing tenga conto che l’ormai eventuale reato (comunque colposo) dev’essere ormai caduto in prescrizione. Ricordo indelebile è anche quello mentalmente incamerato in occasione del giorno dell’inizio del ritiro estivo del Milan - c’è sempre quella squadraccia sul mio cammino, in un modo o nell’altro: dev’essere un karma da reincarnazione che devo scontare -  nel luglio del 1985, ultimo anno di Giussy Farina alla presidenza; entrai nell’ascensore in via Turati e subito dietro di me arrivarono Paolo Rossi e proprio Paolo Maldini (una sorta di passaggio delle consegne, fra di loro) che si conobbero praticamente lì, e credo si siano stretti la mano – la sensazione era quella - per la prima volta; nel breve tragitto rimasi schiacciato sul fondo del mezzo in salita per la consapevolezza della testimonianza epocale, anche se vissuta in solitudine. L’ultimo che qui cito è il momento delle confessioni tristi raccolte in un’intervista a Evaristo Beccalossi (per me, un mito irraggiungibile, e anche questo l’ho scritto più e più volte) quando se ne stava andando definitivamente dall’Inter: sforzavo di mantenermi professionale ma per quello che si andava perdendo in genio e gioia di veder giocare al pallone mi veniva da piangere, per lui, per me e per gli interisti tutti. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma non farebbero altro che testimoniare della mia quasi ridicola condizione di infante mentale, ma sono sicuro che in molti mi capiscono, anche se poi forse farebbero fatica a confessare di soffrire dello stesso (assolutamente benigno, però) morbo.

Quando ho preso l’ultima volta il caffè vicino a Odoacre, solo qualche giorno fa, con me c’era mia moglie. Le ho detto, a bassa voce: “Lo vedi quello? E’ Odoacre Chierico! Ha giocato tre anni nell’Inter ed è stato anche titolare alla Roma nell’anno dello scudetto di Liedholm. Ti rendi conto?”. Lei ha guardato me, ha guardato lui, poi si è girata di nuovo e mi ha detto: “Va bene. E allora?”. Ho messo quasi il broncio, e mi sono zittito. Ai bambini, quando gli si rompe il giocattolo, la giornata poi finisce per girare tutta storta. T.M.

pubblicato il 30/11/2011 nel sito di Panorama - link:
http://blog.panorama.it/libri/2011/11/30/un-caffe-con-odoacre/#more-15869 

domenica 4 dicembre 2011

Genoa - Milan 0 - 2

La macaia affloscia le velleità del Grifone, che non entra mai in partita fatta eccezione per uno scorcio di ripresa, quando il Milan dà l'impressione di tocchettare per conservare il vantaggio. A chiudere il conto ci pensa il centravanti Nocerino, imbeccato da un prodigio tecnico-agonistico del Boa. Il centravanti Nocerino avrebbe potuto segnare già nel primo tempo su due lanci quasi identici di Ibrahimovic. Il Milan di quest'anno presenta (ormai è chiaro) un attacco in cui i centrocampisti vanno al tiro come gli attaccanti, che si alternano in posizione arretrata a suggerire. Un bel rompicapo per le difese avversarie, costrette a spostare i propri centrali in zone del campo pericolose. Con Pato lo schema risulta più difficile, la sua propensione a costruire gioco è quasi nulla, come la sagacia tattica. Per il Papero questo Milan sembrerebbe l'occasione migliore per fare quel salto di qualità che ci fa penare, io me lo auguro perchè un attaccante con quella velocità e quel fiuto del gol non esiste sul pianeta. Intanto Ibra pubblica un bestseller e inaugura una distilleria di calcio esoterico. Tevez - come dice il mio amis Gino Cervi - è una testina, ma in questo Milan può dare il colpo di grazia al campionato. Non è mica per fare l'originale, giurin giuretta, ma prima di lui vorrei rivedere in rossonero Merkel, col suo ingresso il Genoa ha improvvisamente trovato il senso della partita: l'anno scorso le poche volte che l'ho visto giocare nel Milan mi trasmetteva la medesima sensazione di confidenza nei propri mezzi, che sono cospicui e vanno molto d'accordo con i suoi diciannove anni. Siccome mi sembra di vedere i vagiti del grande giocatore, vorrei non rivederlo in rossonero tra quattro anni fiaccato dal girovagare. A Natale facciamo un regalo a Michel Le Roi e al suo fair-play finanziario, che è cosa buona e giusta, mi sa che ne guadagna il futuro della squadra. Cose dite, su Merkel mi sono sbilanciato ? Alegher, C.S.



lunedì 28 novembre 2011

Milan - Chievo 4 - 0

Ogni volta che vedo il Chievo scendere in campo mi sembra un miracolo. Fatta eccezione per la stagione 2007/2008 sono dieci anni che gioca in serie A. Chapeau. Ieri sera, al contrario di altri match sofferti (l'ultimo l'anno scorso con rete decisiva di Seedorf nel recupero), il Milan ha chiuso la pratica in mezz'ora. Ibrahimovic da antologia, ma non solo. Grande velocità, massimo due tocchi, inserimenti continui dal centrocampo. Dall'inizio della stagione il Milan sembra in crescita costante, e questo è il dato più incoraggiante. Qualche detrattore dirà che il Chievo non è il Barcellona (Monsieur de Lapalisse), ma i blaugrana - dopo le sollecitazioni indotte dal Milan - hanno buscato dal Getafe... 
E' vero che Van Bommel sembrava ringiovanito di quindici anni, ma questo è stato l'effetto della mobilità di tutta la squadra. Molto bello vedere Thiago Silva segnare un magnifico gol con la fascia di capitano. Unica nota stonata la prestazione di Pato che nella partita ideale è riuscito a trasmettere la solita svagatezza. Forse sta già costruendo il suo futuro da "marito del presidente"... certo che giocando in questo modo faccio fatica a pensarlo centravanti inamovibile di un grande club, mi sa che - se non cambia passo - diventerà il panchinaro più lussuoso della storia del calcio...
I gol di Ibrahimovic in Italia sono 101, quasi tutti bellissimi.
Il più bello però l'ha segnato nell'Ajax quando era poco più che un giovanotto. Buona visione. E alegher. C.S.


mercoledì 23 novembre 2011

Milan - Barcellona 2 - 3

Una sconfitta vincente ? Si, in qualche modo di questo si tratta, l'ossimoro dice il vero. Giocarsela col Barca, questo era il punto. Stasera il Milan ha deciso di scendere in campo con l'orgoglio della grande squadra, uscendo a testa alta. Il Barcellona vince con merito ma un pareggio ci poteva stare. La notizia è che il Milan ha affrontato il match a viso aperto, cercando di mettere in difficoltà l'avversario sul piano del gioco, e in diverse fasi della partita c'è riuscito. E questa non è roba che si vede spesso contro il Barcellona di questi anni.
Ha segnato due gol bellissimi, il primo grazie a un trio di performers ispirati, lancio-contagiri di Aquilani, stop e assist da storia del calcio di Seedorf e chiusura di Ibra, e il secondo per un dialogo del Boa con la Dea Eupalla (Brera!): aggancio imponente, dribbling di tacco a seguire e missile sul primo palo, un gol magnifico.
Col Barcellona è proibito allentare la tensione, e così il 3 a 2 è arrivato per una classica azione d'attacco della scuola blaugrana (en passant, che schifo di maglia aveva stasera ?), corridoio al millimetro di Messi per l'inserimento e la stoccata di Xavi. Tempo e tecnica per palati sopraffini. Chapeau. Va bene così, è giusto così. Partita bella, a tratti bellissima.
Il Barcellona crea più palle-gol ma segna il 2 a 1 su un rigore generoso (anche se poi l'arbitro grazia inspiegabilmente Aquilani). Il Milan ha l'occasione più nitida, con Robinho che riesce a sbagliare da un metro, a porta vuota. La partita l'ha fatta il Barcellona, ma non è stata la solita partita tra prestigiatori e spettatori di mestiere. Allegri la rischia e alla fine ha ragione, anche se un centrocampo con due "trottapiano" come Van Bommel e Aquilani non riesce a contenere la velocità e l'intelligenza dei soliti noti. Nocerino avrebbe dovuto entrare molto prima, tanto per capirci. Quando poi vedi entrare Sanchez e Pedro capisci che "la panchina lunga" è un eufemismo, queste sono le squadre e il Barcellona è più forte del Milan.
Io alzo il bicchiere mezzo pieno, che quel mezzo è di buonissima fattura. Prosit, e alegher. C.S.



martedì 22 novembre 2011

la porti un bacione a Firenze

Il mio Milan si è adeguato alla famosa canzone della capitale toscana: bello, melodioso, fiorito. Ma non è riuscito a vincere dopo una partita dominata in lungo e in largo in cui la Fiorentina, peraltro priva di Jovetic, sembrava la vittima sacrificale pronta a esibire conforto per l'onorevole sconfitta. E' vero che un gol regolare l'aveva segnato e almeno un rigore ci stava tutto, ma è sciocco aggrapparsi all'errore dell'arbitro, una grande squadra - soprattutto quando domina un match - deve volare alto. Gli affari da moviola li lasciamo ai cugini, che di queste cose sono esperti appassionati. Il dato preoccupante è nelle conclusioni degli attaccanti: zero di Ibra e zero di Robinho. E' vero che il Milan di Allegri predilige gli inserimenti dalle retrovie ma a tutto c'è un limite, soprattutto se il pallone gravita quasi sempre vicino all'area avversaria. Per fortuna ci ha pensato Pato a puntare la porta, in un quarto d'ora ha preso un palo e si è fatto trovare altre due volte in zona-gol. Speriamo che gli infortuni non lo blocchino ancora, con Ibra in veste di rifinitore il Milan ha bisogno di qualcuno che cerchi il tiro senza pensarci due volte. Ho notato l'assenza di inserimenti di Thiago Silva, che avrebbe potuto creare sconquassi nella retrovia viola. Evidentemente le consegne sono rigide: il fuoriclasse brasiliano deve presidiare la sua area, ma quando c'è solo Gilardino oltre la metà campo due difensori possono bastare. Insomma, un buonissimo Milan fino all'area avversaria, da lì in poi molte giocate leziose e poca concretezza. A un certo punto ho chiamato l'ingresso di Pippo, vista la totale vocazione difensiva dei viola negli ultimi minuti avremmo potuto permettercelo. Un'ultima nota: se è vero che a gennaio il Milan cercherà un sostituto di Cassano, che certamente ritornerà ma che potrebbe avere quasi terminato la stagione, forse vale la pena di fare un pensierino a Kakà, prima che il Riccardino nostro vada in pensione anzitempo senza vedere il campo. A parte il fascino di un ritorno del genere, mi pare che nel Milan di Allegri un giocatore come lui, se è in condizioni fisiche adeguate, sia perfetto. Un centrocampo con Seedorf davanti alla difesa, Nocerino e Boateng al suo fianco e Kakà davanti a Ibra e Pato mi farebbe sognare. Kakà legge l'inserimento dalle retrovie come nessuno, e con Ibra il dialogo potrebbe fare la differenza vera contro qualunque squadra. Sempre che il nostro nei quasi tre anni di Madrid non abbia disimparato tutto quello che a Milano ha fatto a livelli stellari. Davanti il Milan è fortissimo ma ha almeno tre incognite: gli infortuni di Pato, i guai di Cassano e l'età di Inzaghi. Se il Milan può riportarlo a casa, lo faccia subito. Alegher, C.S.



martedì 1 novembre 2011

Piero Milesi

Ieri se ne è andato Piero Milesi. Musicista di grande raffinatezza e uomo naturalmente votato all'incontro nel segno dell'eleganza e dell'understatement. Ha messo la sua duttilità al servizio di un talento musicale non comune, scrivendo cose bellissime e diversissime tra loro: ha fatto suonare le piazze e i porti, ha arrangiato la musica di Fabrizio De Andrè (Le Nuvole, Anime Salve) e pubblicato alcuni album (http://cuneiformrecords.com/bandshtml/milesi.html) dove ha testimoniato la sua personalissima ricerca dello spazio sonoro. Ho avuto l'onore di collaborare con lui nel mio primo album, Stile Libero, e nell'ultimo, Fotosensibile. Molto tempo passato a parlare del nostro Milan (una bottiglia di Liedholm a casa sua non mancava mai). A qualsiasi ora, da animali notturni. Ci mancherà molto. Che la terra ti sia lieve, Piero. C.S.



domenica 30 ottobre 2011

Il Milan è più forte della Roma

Il Milan è più forte della Roma, anzi "del progetto di gioco della Roma", perchè di questo si tratta dopo avere visto la partita dell'Olimpico. A Luis Enrique mancano almeno tre giocatori di caratura superiore e un po' di tempo. Se in questa squadra giocassero ancora Vucinic, Menez e Aquilani si potrebbe fare più in fretta, con la rosa che ha può al massimo scrivere il progetto per bene, senza però avere l'assillo di arrivare in zona Champions. Il Milan ha fatto quello che doveva fare, ha sofferto solo per un quarto d'ora all'inizio della ripresa e quando la spinta della Roma ha cominciato a calare ha colpito ancora, col tempismo delle grandi squadre. Solo che una grande squadra non avrebbe fallito clamorosamente almeno tre occasioni per archiviare il match, riuscendo poi a tenere i suoi tifosi con il fiato sospeso fino al 90'. Di certo 11 gol nelle ultime tre partite sono un bel viatico, un po' meno le 6 reti subite. Rispetto alla squadra dello scorso il Milan è più prolifico e più perforato, forse i molti inserimenti dalle retrovie alla lunga producono entrambi gli effetti. Sono un amante del calcio poco speculativo e quindi preferisco un 3 a 2 a un 1 a 0, però è vero che quasi sempre le grandi competizioni le vincono le squadre che subiscono meno. Comunque, grande prova di Aquilani e un superCassano nei venti minuti finali. Nel prossimo turno la Juve va a Napoli, che giocherà una finale. Alegher, almeno sulla carta... C.S.



giovedì 27 ottobre 2011

Inter di nuovo all’ennesima ultima chiamata? Se è così, io ci credo!

I ragazzi nerazzurri faticano e stentano, inutile negarlo. Forse è davvero finito un ciclo, forse no, ma è indubbio che la situazione complessiva sia allarmante, anche se per alcuni versi si può meglio definirla come kafkiana. Infatti, se da inizio stagione, oltre all’arrancare generale si aggiungono gli evidenti errori arbitrali, quello che ne esce – e parlo soprattutto dall’arrivo di Ranieri in poi - è la posizione attuale di classifica. Semplicemente orribile, e che ci vede del tutto impreparati e – posizionati là sotto – in assoluta apnea. E non si tratta certo che siam qui a piangerci addosso: per fare solo due esempi, il rigore ed espulsione su Obi (ma mi sembra di averlo già detto) contro il Napoli farebbero gridare allo scandalo chiunque dotato di buon senso unito ad un pizzico di imparzialità super partes; quello dato all’Atalanta in chiusura di partita è stato una vergogna senza appello, e dobbiamo ringraziare Castellazzi (e Denis, che ha fatto un tiro centrale da bambino spompato) se oggi possiamo evitare di parlare ancora una volta di crisi irreversibile. La vedo male, poi, anche perché ci sono singoli che alternano prestazioni ottime a cadute evidenti di tenuta fisica e psicologica (penso a Chivu e a Lucio, soprattutto), alcuni sono del tutto fuori fase in ogni senso (Milito su tutti), altri vivacchiano senza lampi (spiace qui citare, oltre a Nagatomo e da ultimo arrivato Maicon, anche Zanetti, stranamente troppo a lungo spaesato, ormai, e ce ne dovremmo forse cominciare a fare una ragione che avvicini in maniera sobria all’ineluttabile distacco). Bella solo la sorpresa di Zarate, che comunque continua a sbagliare troppo (almeno una volte su tre quando tocca palla) ma che è evidente quanto consideri l’occasione di giocare nell’Inter come quella che può valere tutta una vita professionale, e ce la sta indubbiamente mettendo tutta, complici senz’altro anche gli incredibili bonus sugli assist andati a buon fine: solo con quelli ha già guadagnato quanto un impiegato di medio livello in un anno di onesto lavoro.
La partita in cartello contro la Juve di sabato prossimo ha, ancora una volta, il sapore dell’ultima chiamata utile. Io sono dell’idea che, al di là di una auspicabile e (davvero lo penso) più che possibile vittoria, se ne esce un pareggio ci può anche stare, ma se si capitola (con o senza errori dell’uomo in giacchetta di turno) dobbiamo cominciare a preoccuparci seriamente, e a guardare al mercato di gennaio come ultimo appiglio possibile per non veder naufragare del tutto la stagione. Qualche amico di fede mi diceva, senza troppo scherzare, che il guaio non è stato tanto il nostro pareggio a Bergamo, ma la vittoria del Bologna a Verona. All’inizio non ho capito il senso, poi mi sono accorto dello sguardo rivolto al baratro dietro di noi: mi viene da sorridere (ancora è così) perché non credo sia un problema da ritenersi reale, ma vero è che più ci stacchiamo da quella melma e meglio sarà per le nostro coronarie. Il fatto che ci venga più da pensare a questo piuttosto che – ad esempio - al Milan che infila quaterne di squadra a raffica e triplette ad opera di singoli anche impensabili (intendo Nocerino: ma perché a uno così, preziosissimo, noi non abbiamo mai pensato?) è comunque indicativo. Triste invece, pensare che là in alto, oltre ai bianconeri che forse subito possiamo contribuire a ridimensionare (ripeto che ci credo), ci siano squadre come l’Udinese, il Napoli, la Lazio (la Lazio!), oltre che l’Atalanta se non fosse partita penalizzata (e meno male: adesso ci è quasi alla pari, ma solo quasi…).  L’allarme non è ancora rosso (nemmeno rossonero: abbiamo spazio per accorciare su di loro e poi abbiamo da giocarci un derby, e quelle sono partite che da sole possono cambiare un destino) ma tendente all’arancione. Siccome io preferisco di gran lungo il nero unito all’azzurro (almeno quando si tratta di calcio), spero che presto il cielo del nostro futuro, sia in campionato che in coppa , riprenda a illuminarsi con queste tinte. Questione di abitudine, fra l’altro, oltre che di censo. T.M.

mercoledì 26 ottobre 2011

Nocerino Nocerino Nocerino

Lo vocazione a mandare in gol i centrocampisti (Boateng, Nocerino, Aquilani) mi sembra il dato più incoraggiante di questo Milan. Stasera Nocerino, in crescita esponenziale, ha sbloccato un match che rischiava di riservare brutte sorprese e pochi minuti dopo lo ha addirittura chiuso con un gol strepitoso. Il Milan, al solito, ha iniziato lasciando nello spogliatoio gli ingredienti più saporiti del suo repertorio e Allegri dopo il match era giustamente arrabbiato: il vizio sembra ripetersi fin dalla finale di Supercoppa contro l'Inter, quando la squadra ha cominciato a giocare dopo avere subito gol. Una volta aperta la partita, nel bene o nel male, la squadra ritrova d'incanto i tempi, le distanze, la mobilità, e l'orchestra comincia finalmente a suonare come sa. La natura del problema è solo psicologica e questo innervosisce non poco il tecnico, che sa di essere alle prese con un affare che difficilmente si può risolvere sul piano tecnico/agonistico. Il "misterosenzafinebello" - Gioann Brera dixit - è tale proprio perchè attraversato dalle lune e dalle muse e noi calciofili persi lo amiamo per questa ineffabilità. A Roma ci toccherà una squadra ferita che avrà un solo risultato per non perdere contatto con la vetta, che sia la volta buona per entrare in campo fin dal fischio d'inizio ? Alegher. C.S.



lunedì 24 ottobre 2011

Un boa constrictor si aggira nel Salento

Due partite in una. Nel primo tempo sembrava di vedere Juventus - Milan, con la differenza che il Lecce ha prodotto molte più occasioni e un paio di gol ci stavano tutti. Una di quelle partite in cui lo squadrone blasonato entra in campo con eccessiva confidenza nei propri mezzi, senza considerare che da tempo non esiste squadra che non sia in grado di produrre corsa e livello tecnico dignitoso. Allegri decide di schierare contemporaneamente Van Bommel e Ambrosini, e paga dazio in eccesso. Aspetto sempre di ricredermi su quest'ultimo, che continua a sembrare un calciatore in seria difficoltà agonistica ma oggi - ahimè - ne ho avuta ulteriore conferma. Se a centrocampo manca Seedorf, Allegri è costretto a schierare Aquilani, una squadra con un attacco così tecnico ha bisogno di un centrocampo che flirta col pallone. L'anagramma del verbo è filtra, e questo ha preferito il tecnico rossonero, senza troppo pensare alla velocità del Lecce. Poi, per fortuna, ci ha pensato il Boa. Tre gol in un quarto d'ora (i primi due bellissimi) che hanno aperto la strada a una di quelle vittorie che possono dare il cambio di passo ad un'intera stagione, un po' come segno del destino e un po' come confidenza psicologica nei propri mezzi. Per recuperare un match del genere ci vogliono entrambe le cose. Il vero Milan non è il disastro dei primi 45' nè la festa pirotecnica della ripresa ma da quanto si è visto finora il problema è "solo" cancellare le intermittenze di questo inizio di stagione. Basterà per il campionato, forse. Per la Champions League invece servirà una soglia di concentrazione molto, molto più elevata. C.S.

p.s. - che la terra ti sia lieve, Sic...


mercoledì 19 ottobre 2011

Milan Bate Borisov 2 a 0

Succede di frequente nel futbol: una squadra sbaglia un gol fatto e nel rovesciamento di fronte lo subisce. Il Milan stava giocando tra gli applausi quando Van Bommel si è incinghialito regalando al Bate una palla-gol gigantesca (l'unica in 90'). Abbiati ha sfidato l'avversario fino all'ultimo istante consentito dai riflessi e ha fatto quello che solo ai portieri - talvolta - è concesso di fare: il miracolo. Qualche secondo dopo ha sbloccato il risultato con un gran gol di Ibra che ha scaraventato in rete al volo dopo un'azione-lampo. Sarà che mangiarsi un gol clamoroso provoca uno stallo inconscio che spesso le grandi squadre sanno cogliere, di fatto l'espressione "gol sbagliato, gol subito" ha un riscontro obbiettivo nelle cose. Dal vantaggio in poi (strameritato) il Milan ha fatto il gattone che gioca col topo finchè Boateng non ha trovato uno stop al bacio seguito da fucilata, chiudendo la partita. Il Milan sembra - toccando molto ferro - avere ritrovato il groove, soprattutto nel tempo degli inserimenti. Bravo Taiwo, che in una squadra portata a comandare il gioco potrà fare cose buonissime. Un po' meno quando ci sarà da difendere, ma con Thiago Silva, Nesta e Mexes uno così forse ce lo possiamo permettere, il Milan ha bisogno di avere spinta e inserimenti anche a sinistra. Le migliori partite di questo inizio di stagione Ibra le ha giocate in coppa, vuoi vedere che si è messo in testa di sfatare il luogo comune che lo assilla in campo internazionale ? Alegher, C.S.


sabato 15 ottobre 2011

Binho, l'arte del movimento

Non avrei scommesso un cent sul Milan di stasera, speravo e confidavo in una vittoria certo che sarebbe arrivata al prezzo pieno di stenti e patimenti.
Invece è arrivata una prestazione impeccabile che non ha lasciato scampo al Palermo, che pure è squadra temibile e veloce, con tutte le caratteristiche ideali per farci soffrire.
Non c'è mai stata partita, non ricordo un solo tiro nella specchio della porta di Abbiati. 
Il Milan avrebbe potuto vincere di goleada, se solo Ibrahimovic e Cassano fossero stati meno leziosi nelle conclusioni.
Ibra ha giocato un match da imperatore dell'assist, leggendo al meglio i movimenti della difesa rosanero, provocando sconquassi con alcune giocate di chirurgia raffinatissima.
Ma il vero asso nella manica è stato Robinho: dopo un quarto d'ora si era già capito che con lui la squadra ha un passo diverso. Corre molto e bene. 
E' un artista del movimento, capace di attaccare gli spazi, con e senza palla. 
E' ovunque, segna, sbaglia, si fa sempre trovare nel vivo del gioco. 
Difficilissimo da marcare, è il vero hatù del fronte d'attacco, quello che spariglia. 
Il suo movimento è la sostanza tattica del gioco d'attacco del Milan di Allegri, che è fondato sulla sorpresa e sugli inserimenti.
Con il suo ritorno e quello di Boateng, e l'inserimento di Aquilani e Nocerino in pianta più stabile (bravi entrambi, stasera), il Milan forse può ritrovare il filo del discorso. Un discorso che mi piaceva, molto vicino alla squadra vista stasera. Se riusciremo a giocare su certi ritmi facendo correre il pallone non ci sono molte squadre più forti. In Italia, nessuna, anche se la JuvePirlo quest'anno non ha voglia di scherzare. All'estero, due o tre al massimo, ma ce la possiamo giocare. Insomma, alegher... C.S.



mercoledì 5 ottobre 2011

Ibra non ha più voglia...

...a dire il vero mercoledì sera in coppa mi sembrava che la voglia non gli mancasse affatto. Domenica con la Juve tutto il contrario, ma quando la squadra non gioca è difficile giudicare i singoli, soprattutto un attaccante.
Un'uscita da poco, la sua. D'altronde Ibrahimovic è questo: lascerà il ricordo di giocate fantastiche ma anche molto poco, quasi nulla del resto. 
I soldi non c'entrano, c'è gente che guadagna un milione di euro al mese e si suicida.
Il punto è un altro. Lui, come tutti gli sportivi di alto livello, in cambio di lauti stipendi, fama, e tutto il resto ha il dovere, finchè gioca questa partita, di essere all'altezza.
Sto leggendo un bellissimo libro che vi consiglio, Open di Andre Agassi (Einaudi), che pubblica le sue memorie di tennis e di vita a carriera conclusa.
C'è tutta la sofferenza per uno sport che fin da bambino ha sempre odiato con tutte le sue forze, nonostante sia stato tra i primi del ranking mondiale per almeno dieci anni.
Però lo racconta a bocce ferme, dopo avere onorato la sua carriera fino agli ultimi incontri, quando veniva messo in condizioni di stare in campo per un solo match con terrificanti iniezioni di cortisone che, a effetto concluso, gli impedivano quasi di camminare per giorni.
Ibra è all'apice della carriera, è uno dei calciatori (e degli sportivi in generale) più pagati al mondo, se il gioco non gli gusta più si ritiri e faccia quello che ha voglia di fare.
Nessuno di noi ha voglia di vederlo soffrire così...
Le bugie a volte sono necessarie, e questo è il caso: meglio stare in silenzio e giocare, almeno per il rispetto di chi, facendo un lavoro che gli fa schifo, stenta ad arrivare alla fine del mese.
Ugh, ho detto. C.S.

domenica 2 ottobre 2011

Tu regali alla Juve il più forte centrocampista del mondo...

Tu regali alla Juve il più forte centrocampista del mondo e l'allenatore della Juve fa correre la squadra molto e bene intorno al più forte centrocampista del mondo. L'idea-Juve è tutta lì. Pirlo, negli ultimi tre anni di Milan, ha fatto il centromediano metodista, la mezzala e il mediano. Ma se lo sollevi da certe incombenze e gli fai girare intorno una squadra dinamica che si fida di lui, non ce n'è per nessuno. 
La Juve ha stritolato il Milan sulla corsa, il pressing, la concentrazione. Ma tutti i tempi del gioco sono merito suo, che è stato largamente il migliore in campo. Il Milan, se non ritrova corsa e ritmo (sembrava così dopo la partita di mercoledì sera) rischia di vedere crescere le distanze in classifica fino a dimensioni incolmabili. Un solo tiro in porta in 90' sono il solletico di cui la Juve di stasera quasi non si è accorta. In più Allegri ci ha messo del suo, togliendo Cassano che fin lì, per i pochi palloni giocati, aveva fatto bene e stava dimostrando di essere in partita. Emanuelson poteva dare velocità, ma il piede mi sembra molto approssimativo. Molto triste l'ingresso di Ambrosini che, come nei venti minuti giocati a Barcellona, mi ha dato l'impressione di essere alla frutta. La Juve non ha le coppe e se riesce a tenere alto il tono agonistico mi pare bell'e che pronta per volare. Il Milan ha la media di un punto a partita, ha i punti di Novara e Siena, ha fatto 5 gol e ne ha subiti 8, e ha perso in modo netto i due scontri diretti. Se all'Atalanta sommiamo i punti di penalità, la classifica dice che siamo tredicesimi. Direi che è ora di puntare la sveglia. Alegher, C.S.

Vedi il Napoli e poi t’incazzi

Su facebook un amico, fra l’altro milanista, mi ha suggerito che dopo aver visto la partita di sabato sera a San Siro la sensazione sia stata quella che qualcuno abbia già deciso - per una serie di ragioni – che il Napoli debba vincere lo scudetto. Una tesi dietrologica e anche avanzologica, ma io son convinto che se anche vengono iniettate potenti cazzate arbitrali a favore dei muscoli (niente male, nel complesso) dei partenopei, alla fin fine non succederà. A parte questo, io ai ragazzi nerazzurri non ho nulla da rimproverare nell’occasione, se non l’ingenuità di Nagatomo sul secondo gol: bastava che al suo posto ci fossero stati Lucio o Samuel e il pallone sarebbe finito in tribuna in un amen, come si deve in quei casi. Poi, ripeto, nient’altro da dire e imputare: fino all’espulsione vergognosa di Obi (che, fra l’altro, fino a quel momento si era comportato finalmente bene quasi a tutto tondo) arrivata dopo un’ammonizione che neanche su un campo a 5 sarebbe mai stata appioppata, la partita era stata bella, aperta e sarebbe potuta finire in ogni modo, anche con il primo tempo concluso da noi in vantaggio se il guardalinee ci avesse visto appena un cicinino meno bene e non si fosse accorto dei tre centimetri che mettevano fuorigioco Pazzini (invece, onestamente e con bravura se n’è accorto, pensa te!). Dopo la nequizia commessa dalla giacchetta gialla rispetto all’ammonizione da oratorio, al rigore inesistente e al rosso conseguente tutto è saltato, un po’ anche i nervi, e ci sta ( e se ci sta anche che s’incazza Ranieri, vuol dire che è stata davvero una vergogna). Ma non mi demoralizzerei: la strada è giusta, la voglia di combattere anche, gli infortunati stanno tornando sani, tutti sembrano finalmente credere di nuovo alle loro possibilità. Ci sarà tempo per rifarsi e riparare: in fondo, l’ambaradan è appena all’inizio. Anche ai torti si potrà rimediare, pur se bruciano: qualche volta succede che capitino, e caratteristica primaria dei grandi è quella di riuscire a vincere anche l’imbecillità armata di fischietto. Un po’ incazzato in verità lo sono, sì, ma sono anche convinto che passa presto, e il 3 a 0 lo ricacciamo in gola alla prima occasione utile. Che poi magari sarà il San Paolo, al girone di ritorno: non so com’è, ma son mi sento che rendiamo la pariglia nel giro di un girone, fra l’altro da una posizione di classifica che sarà (e ci mancherebbe altro!) per  noi nettamente migliore, per loro invece il contrario. Se mi sarò sbagliato, mi raccomando, non mancate di ricordarmelo. Fin d’ora prometto che farò ammenda. T.M.

giovedì 29 settembre 2011

Ibra is back

La sua simpatia è inversamente proporzionale alla sua bravura. E’ vero, il Viktoria Plzen non è il Barcellona e nemmeno la Juve, ma la terra di Pavel Nedved esprime buon calcio e buoni calciatori per tradizione e ieri sera Zlatan ha dimostrato una volta di più le sue immense doti di fuoriclasse. E’ davvero il calciatore più atipico che mi sia mai capitato di vedere, capace di certe giocate solitamente destinate ad atleti più piccoli di 20 cm e col piede più corto di 7 numeri. Il suo limite è caratteriale: la tenuta nervosa non è stagna, ogni tanto perde la trebisonda e troppo spesso nei grandi match l’eccesso di tensione gli gioca contro. Dopodichè, nell’annata “fallimentare” di Barcellona ha messo 21 gol, che per essere la sua stagione peggiore non è poi così male… Ha vinto sette campionati consecutivi, dal 2004 a oggi, due con la Juve, tre con l’Inter, uno col Barcellona e uno col Milan. E con ogni maglia ha lasciato per strada alcuni gesti atletici e tecnici che puoi infilare comodamente in qualsiasi antologia. Ma ieri sera, al di là di Ibrahimovic, il Milan è finalmente tornato a giocare in velocità, facendo leva sulle doti tecniche di alcuni suoi giocatori. Un grande Seedorf (clonarlo, dice Allegri, e come dargli torto), il solito Thiago Silva (qui la classe invece è inversamente proporzionale al suo basso profilo), un ottimo Cassano, che pare proprio avere ritrovato la condizione fisica per giocare 90’ senza andare in sofferenza. Insomma, se dimentichiamo i soliti dieci minuti in cui misteriosamente la squadra arretra, implodendo nella propria area senza ragione, ho visto un Milan tonico e tosto. Con il rientro di Robinho e Boateng la palla viaggerà più veloce tra centrocampo e attacco, e anche la difesa ne beneficerà. Intanto due vittorie senza prendere gol sono un buon segnale, forse la rotta iniziale è invertita. E si va a Torino con il morale alto... Alegher, C.S.



Ranieri, forse qualcosa di più che un “aggiustatore”

Devo ammetterlo per amore d’onestà, soprattutto calcistica orientata al nerazzurro: a me Ranieri non è mai piaciuto più di tanto. Con quella sua aria da finto dimesso unita a quella di saccente dell’ovvio mi provocava un fastidio a mò di sentimento strisciante, in verità mai venuto meno fin dagli albori del suo risiedere in panchina in Italia (i primi sintomi me li ricordo con la Fiorentina), rafforzatosi su quella del Chelsea e capace di raggiungere il culmine su quella insopportabile in toto della Juve (con la Roma no, lì ho trovato modo di trasformarlo in piacevolezza, pregustando come andava a finire poi bene per noi, cosa successa con puntualità). Quindi, quando si è cominciato a vociferare di un suo arrivo sulle nostre amate sponde del Naviglio ho sudato un po’ freddo, ma ho asciugato via il tutto allorquando mi sono reso conto che meglio di Gasperini sarebbe stato chiunque, a patto che arrivasse il più in fretta possibile. Poi, sarà perché vedere qualcuno  con indosso la tuta dai colori amati equivale ad aprire nei suoi confronti automaticamente una solida linea di credito, ho messo in cassaforte i dubbi e aspettato, magari giusto il tempo per vedere cosa sarebbe successo nell’immediato. E quello che si è visto subito contro il Bologna ha ancora sì il sapore dell’ovvio, ma anche del saggio e del dovuto. In fondo, Ranieri ha fatto quello che avremmo potuto fare e immaginare anche tanti di noi, calciofili-tutti-potenziali-mister: rimettere ordine alla squadra ridando ad ognuno il giusto ruolo, piantarla di lasciare scoperta la difesa, irrobustire il centrocampo con compiti non aleatori di copertura vera e ridare al reparto offensivo il giusto peso restituendo a Sneijder le chiavi della regia e inserendo da subito Pazzini, cosa che solo un cieco poteva ostinarsi a non fare. In verità, non tutto si può leggere in maniera così semplice, ché quando si prende in mano un gruppo così a terra possono volerci delle settimane a risollevarlo, e a lui invece sembrano bastate 72 ore: indubbiamente un merito immediato che comporta da parte mia un allungamento con bonus sul credito di cui sopra. Nella seguente partita di Champions a Mosca, poi, al ruolo di “aggiustatore” e “sistematore” a lui universalmente riconosciuto (manco fosse solo un fabbro di media levatura, e lo sto dicendo anche a me) Ranieri ha aggiunto anche quella di sapiente infusore di fiducia, e i ragazzi si sono rimessi i panni di quello che ancora sono e che saranno almeno fino a dicembre: cioè - dopo una striscia strepitosa accumulata negli anni passati - i campioni del mondo per club in carica. Essendo evidentemente riuscito  nell’intento (quindi, si aggiunga a pieno titolo, a questo punto, anche l’aggettivo di “motivatore”, please) nell’occasione il resto è venuto (quasi) da sé, con almeno due dei tre gol realizzati in terra russa connotati da ottima fattura complessiva (e quello di Zarate con lancio di Cambiasso, subito dopo aver incassato il gol del pareggio, addirittura da urlo). Ora siamo solo all’inizio – della sua gestione, della stagione, della corsa-scudetto e dell’avventura da vivere in Champions possibilmente fino in fondo – ma se si parte bene, come si sa, è già di per sé una buonissima cosa capace di spianare la strada, e si tenga conto che con la Roma lui fece lo stesso non più tardi di due anni fa, quando sostituendo Spalletti in corsa contese proprio con noi lo scudetto fino a mezz’ora dalla fine del Campionato. Naturalmente, ottimo modo per continuare su questa strada - finalmente sgombra da incrostazioni del passato più che prossimo - sarebbe battere sabato il Napoli, impresa che ci riporterebbe quasi a tempo di record verso i piani alti. Mi sbilancio: secondo me i presupposti ci sono tutti, a partire da quello che vede la squadra carica fino al fatto che i partenopei, dopo una bella impresa sono abituati (lo si è visto bene anche in questo inizio di stagione) a steccare la successiva. Poi, anche se è pur vero che la striscia dei nostri infortunati è lunga come i grani di un rosario, per loro della partita non sarà Lavezzi, e questo toglie indubbiamente e pesantemente velocità a tutto il reparto offensivo azzurro, soprattutto in una partita che avrebbe potuto (e come probabilmente sarà) essere da loro impostata sulle ripartenze. Beninteso: ritengo grave il pari infortunio lamentato sempre in Coppa da Pazzini (torna presto Giampaolo, per carità!), ma Forlan ha riposato, e in lui vedo e azzardo il probabile uomo partita.
Insomma, sono fiducioso, quasi come uno dei nostri ragazzi robustamente catechizzati da Ranieri in questi primi giorni dal suo arrivo a Milano. Se dobbiamo fare tutti squadra, meglio farlo in fondo, no? T.M.

sabato 24 settembre 2011

In attesa di vedere il Milan...

Tre punti e nessun gol subito: con la rosa dimezzata (12 gli infortunati e 4 i ragazzi della primavera convocati), ci accontentiamo, in attesa di vedere il Milan. Quello andato in onda stasera col Cesena è un facsimile volonteroso e attento, che a tratti ha perfino fatto vedere un buon calcio. Senza Ibra, Boateng e Robinho la squadra è in deficit di cambio di passo e di profondità. I sostituti fanno quello che possono e, siccome gli infortunati invece che calare aumentano, in questo periodo sono costretti a giocare ogni tre giorni, e si vede. Meno male che c'è Seedorf, che stasera ha messo sul piatto esperienza e generosità, oltre al gol decisivo. Ma non solo, anche Van Bommel e Cassano hanno giocato su livelli buonissimi, e tanto basta per il solito bicchiere mezzo pieno, ma questa volta con i punti che servivano come l'aria. Insomma, prendiamo su e portiamo a casa, senza far troppo gli schizzinosi. E alegher, semper alegher. C.S.

mercoledì 21 settembre 2011

Milan - Udinese 1 - 1

Al di là degli infortuni, che cominciano a diventare da guinness, e al di là della paperona di Abbiati, stasera ho avuto la conferma che il Milan ha fatto una campagna-acquisti teoricamente buona ma un po' ottusa nella realtà. Serviva ringiovanire il centrocampo e invece di tenere Strasser (e Merkel) e vendere Gattuso, è stato fatto il contrario. Serviva una punta in grado di sostituire Ibrahimovic, un giocatore come Caracciolo o Borriello, che se non gioca a Roma tanto varrebbe non giocare a Milano, e invece siamo rimasti con le stesse punte vere della scorsa stagione: Pato, che non ha mai fatto una stagione senza almeno un paio di stop, Inzaghi, fermo da quasi un anno e prossimo alla pensione, e Ibra, che dopo qualche anno senza fermarsi prima o poi... In più aggiungiamo la puttanata colossale di lasciare alla Juve un fuoriclasse come Pirlo, che del Milan avrebbe potuto e dovuto essere il capitano, la bandiera. Stasera, dopo l'uscita di Pato, il Milan schierava una formazione che sulla carta non era più forte di quella dell'Udinese. E quindi tocca di prendere questo punto come un mezzo bicchiere che allenta la sete fino alla prima sospirata vittoria, che speriamo arrivi sabato sera contro il Cesena. Nel frattempo registriamo la buona prova di El Sharawi, e proviamo ad accontentarci. Alla fine il Milan ha cercato di fare la partita, e in generale ci è riuscito. Almeno sul piano del carattere un passo avanti c'è stato. Il punto però è che se questa squadra - indipendentemente dagli infortuni - non cambia passo veramente e velocemente, la vedo grigia assai. Quest'anno mi aspettavo un Milan diverso, pensavo che Allegri, dopo il fortunato rodaggio della prima stagione, riuscisse a migliorare e velocizzare il gioco della scorsa stagione. E invece finora ho visto una squadra pericolosamente lunga  e senza molto sprint nelle gambe. Somiglia all'ultimo estenuato Milan di Ancelotti, che riusciva a galleggiare per le giocate dei suoi campioni ma che era sempre lungo come il campo di gioco, e prevedibile. Sembra che a Milano su entrambe le sponde vada di moda la cadenza compassata di Van Bommel e di Cambiasso. In attesa dei rientro dei troppi infortunati, in attesa della forma, e magari anche di un pizzico di suerte. Alegher così così... C.S.

Vedo solo nero: l’azzurro è il bel colore del Novara

Su quello che poteva succedere a Novara sono stato tristemente lungimirante: avrei preferito sbagliare su tutta la linea, naturalmente, ma purtroppo davvero non coltivavo praticamente nessuna speranza che succedesse. La partita si è rivelata la summa di tutte le nefandezze viste fin qua e commesse dall’Inter in questo tristissimo inizio di stagione. Totale incapacità difensiva, centrocampo balbettante da oratorio, attacco assolutamente ridicolo a dispetto dei nomi altisonanti che lo compongono (panchina compresa, e Pazzini rischia di essere paradossalmente l’unico a salvarsi, visto che dal naufragio è stato tenuto incredibilmente fuori), Castaignos - che vorrei mandato a svernare in Russia- naturalmente a parte. E nell’insieme abulia, svagatezza, totale mancanza di senso della realtà e delle proprie capacità: tutte caratteristiche che, se unite all’autentica paura di scendere in campo, formano un mix micidiale e definitivamente affossante. Il Novara – bella squadra, ordinata e messa in campo perfettamente, con più che buone individualità: cito per tutti Porcari e Meggiorini, e pensare che quest’ultimo lo abbiamo svenduto noi… - sembrava il Barcellona dell’ultima del campionato spagnolo contro l’Osasuna, e se non è finita con 8 gol anche nel nostro sacco è solo perché incutevamo iniziale timore reverenziale a prescindere, e quando gli azzurri piemontesi si sono accorti che potevano farci in polpette era per loro troppo tardi. E pensare che avevano davanti una squadra di inetti con la tremarella e con  la testa già rivolta al prossimo allenatore! A questo proposito, spero non diventi Ranieri (probabilmente verrò smentito nelle prossime ore) ché altrimenti saremmo ridotti a vedere in campo una squadra ancora più brutta di questa. Magari capace di qualche pareggio grazie ad una difesa blindata e a un centrocampo arroccato e senza nerbo, con le uniche chance di fare risultato demandate a qualche colpo di fortuna o di genio in partite vissute senza un minimo di fantasia. Quello che ho descritto era la normalità della Roma l’anno scorso, ragione per cui il “mister di San Saba” è stato cacciato a furor di popolo e adesso fatica a girare per le strade dell’Urbe senza essere insultato. Spero molto di più in Delio Rossi  o al limite anche in Zenga che, al di là dei limiti da incorreggibile tamarro, almeno ha cucito addosso la nostra maglia, e questo è quantomeno incoraggiante nel periodo corrente. Altri non ne vedo, e se per caso li scorgessi vedrei però anche nero. Mi manca del tutto l’azzurro da accostargli, e per ora mi ricorda solo il colore del lutto. T.M.

martedì 20 settembre 2011

Gasperini, sinteticamente verso l'addio. Purtroppo.

Sarò sintetico, se ci riesco. Un po’ perché non c’è ancora molto da dire in termini di analisi complessiva rispetto a quanto espresso dall’Inter fino ad oggi, se non restare sorpresi; in fondo, siamo solo all’inizio del campionato e – come diceva un comico famoso e napoletano pensa te, proprio napoletano! – “voglio vedere dove vogliono arrivare”. E poi uso il vocabolo anche in onore del campo di Novara, che da terreno proprio sintetico rappresenta una novità assoluta per la Serie A, e guarda un po’ se proprio a noi doveva succedere.
Osservo anzitutto che nel giro di poche partite in termini temporali siamo passati dal ribaltare il risultato di Cesena (una delle ultime del campionato scorso) con due gol fatti nel giro di tre minuti di recupero oltre al 90esimo (a proposito: Pazzini dove sei?), a prenderne altrettanti e più o meno nello stesso lasso di tempo verso la fine della partita con il Palermo. Credo che la differenza fra le due Inter (quella di… ieri e quella di oggi) stia proprio tutta qui: nella voglia di vincere mostrata in quel finale di stagione in Romagna contrapposta all’incapacità di tenere o reagire (anche se ci stavamo quasi riuscendo: Forlan l’ha messa dentro in uno degli ultimi attacchi disperati) nel recente finale di partita in Sicilia. La squadra è - nella sua ossatura centrale (non nell’insieme: troppe le assenze, e i giovani non sono ancora pronti se non già quasi bruciati) - quasi la stessa (a parte Eto’o, ma preferisco dimenticarmene) ma la mentalità è in maniera molto evidente cambiata, quasi invecchiata di colpo, forse solo semplicemente non ancora registrata (ma ne ha davvero voglia, di registrarsi?) rispetto alle idee del nuovo allenatore e di conseguenza adeguatamente orientata verso gli obiettivi futuri. Basta vedere Zanetti, che fra Palermo e Roma ha commesso un numero di errori quasi pari a tutti quelli fatti in una ventennale carriera in nerazzurro. Oppure Julio Cesar, sorpreso come un acchiappafarfalle o un Dida qualsiasi dalla stangata di Pinilla per il definitivo cannolo del 2 a 4. La solfa è un po’ cambiata, ma solo un po’, in occasione della partita casalinga con la Roma. Anche perché è difficile comprendere, digerire e giustificare un possesso palla al 70% avversario: vuol dire che si è a corto di fiato o di idee, o di tutte e due le cose, e quindi la condizione migliore (fisica e psicologica) è ancora molto lontana dal venire. Se poi le occasioni di gol ci sono state le stesso, poco importa, anzi peggio: vuol dire che non si riesce a finalizzare sotto porta, e così in fin della fiera non si salva nemmeno l’attacco (non voglio più sentire che “Milito è finalmente ritrovato”!) oltre ad una difesa ballerina (e quando i ballerini sono tre vengono i brividi!) e un centrocampo in evidente stato confusionale a partire da chi dirige l’orchestra (chiaramente incazzato per aver avuto in consegna una bacchetta spuntata) fino a chi deve fare da filtro (e qui intendo solo un ancora parecchio sotto tono Cambiasso: gli altri interpreti titolari preferisco constatare che semplicemente ancora non si sono esibiti, e i giovani – se ci si riesce – vorrei rimandarli quantomeno a giugno).
Ho detto di Novara e accennato all’allenatore. Difficile che se va male oggi (ed è assolutamente possibile: la sensazione di botta negativa c’è tutta) per Gasperini si possa pensare ad un allungamento della vita in nerazzurro. Mi dispiacerebbe assai, ché l’uomo e il tecnico (il mix delle due cose per me è fondamentale) mi convinceva fin dal momento del suo arrivo in quel di Appiano, ma la nostra storia dice che a un distacco in termini di punti anche meno incolmabile di così all’inizio di una stagione ha sempre imposto quasi subitanei cambiamenti nella conduzione della squadra. Mi pare che il destino, passando noi appena il confine regionale per andare ad esibirci (?) su quel sintetico, in caso di deblacle sia irrimediabilmente segnato, anche solo se si tratterà di altra prova da brodino caldo. Juve e Napoli avrebbero davvero modo di spiccare il volo, e a quei ritmi mi sa che non li ferma quasi più nessuno. Nemmeno i cuginastri, forse, e questa è l’unica nota quasi positiva di tutto l’ambaradan fin qui confuso che ci ha regalato il campionato , anche se mi viene da suonarla a tono basso: ritrovarsi insieme nella disgrazia di un’annata mediocre con gli odiati (simpaticamente, eh!) rossoneri è davvero consolazione appena appena sopportabile. Della quale, naturalmente, preferirei volentieri fare a meno. T.M.

domenica 18 settembre 2011

Napoli - Milan 3 - 1

Zambrotta, Taiwo, Mexes, Gattuso, Ambrosini, Flamini, Robinho, Boateng, Ibrahimovic, Inzaghi: con la sola aggiunta di un portiere la formazione degli infortunati del Milan (e forse dimentico qualcuno) è piuttosto forte. Contro il Napoli di oggi, così tonico e veloce, il Milan ha patito più del previsto almeno un paio di assenze illustri. Stasera c'era bisogno di corsa, e grinta. Il groove compassato di Van Bommel e Seedorf ha prodotto buon calcio e occasioni finchè il Milan è stato in grado di dettare i tempi della partita. Dal secondo gol del Napoli in poi il re è rimasto nudo e la panchina non aveva grandi possibilità di invertire la rotta. Cavani è stato implacabile: tre gol su quattro palle giocabili, e una prestazione generosa che ha garantito pressione, recuperi e voglia a tutta la sua squadra. Cappello. Anche se l'esercizio è gratuito chiamo in causa Pato, la mia personalissima croce e delizia di questi ultimi anni. Non c'è un attaccante completo e forte come lui, ma se la sua attenzione gli consente di giocare su livelli alti per un quarto d'ora ogni due partite non ci siamo proprio, anche se in quel quarto d'ora può farti vincere il match. Il Milan ha bisogno che Pato diventi un giocatore adulto molto in fretta, che perda meno palloni per distrazione pura, che cerchi di aiutare di più a centrocampo, che non si perda in dribbling astrusi, che non si renda assente per abbondanti quarti d'ora anche quando il pallino ce l'abbiamo noi. Stasera Van Bommel mi ha dato la medesima sensazione di Ambrosini contro il Barcellona: a certi ritmi questi calciatori annaspano e il Milan - contro squadre che giocano in velocità - non se li può permettere. Peccato, perchè Aquilani ha fatto un gol pazzesco (e poteva farne un altro, anche se De Sanctis ha fatto un miracolo). Sette gol subiti in tre partite valgono l'allarme rosso per la squadra che ha vinto lo scudetto con la migliore difesa del campionato. Se Gargano prende palla al limite della sua area e in pochi secondi arriva fino a quella avversaria non c'è molto altro da aggiungere, il problema di questo Milan è il filtro di centrocampo; in altre tre o quattro occasioni (terzo gol del Napoli incluso) una palla persa in una zona di campo apparentemente innocua si è trasformata magicamente in un'occasione da gol. Merito del Napoli, che già a Manchester ha dimostrato la sua caratura, ma il centrocampo del Milan ha certamente esaltato la velocità degli avversari. Vero che a Napoli si può perdere, non saremo gli unici nel genere, e per il momento sospenderei il giudizio, però la classifica dice che abbiamo gli stessi punti dei cugini tanto giustamente bistrattati, e Napoli e Juve sono partite in quarta... alegher, fino a un certo punto... C.S.

martedì 13 settembre 2011

Barcellona - Milan 2 - 2

Prendo il bicchiere mezzo pieno, e me lo bevo. Certo, noi milanisti siamo abituati bene, e non è facile adattarsi a valori tecnici così diversi. Insomma, mi accontento, d'altronde la stessa partita la vedi quando in campo ci vanno il Real fastiliardario, il grande Manchester Utd, l'Inter di Murigno. Nel bicchiere mezzo pieno c'è una eccellente attenzione in fase difensiva (Nesta su tutti) e due gol molto belli e molto diversi. In quello mezzo vuoto c'è il rammarico per avere peccato di leggerezza (o di ansia) nei primi 20', quando con un po' di lucidità avremmo potuto segnare un altro gol. Purtroppo Pato, dopo l'invenzione del 1', si è dato assente. Mi aspettavo Emanuelson e non Cassano, che ci ha obbligati a giocare in dieci per un'ora. Avrei preferito Aquilani ad Ambrosini, che mi sembra in condizioni misere. Si è sentita la mancanza della velocità e della corsa di Robinho, oltre al fatto che con Ibra la squadra avrebbe avuto qualche chance in più di salire e contenere la sofferenza. E l'infortunio di Boateng ha reso meno efficaci le ripartenze. Certo, ai punti avrebbero meritato di vincere 3 a 1, ma va rilevato un fatto: solitamente il Barcellona crea molte più palle-gol di quanto non abbia fatto stasera. E' vero che la percentuale del possesso-palla parla da sola, ma se tolgo i gol (un'invenzione pazzesca di Messi e un calcio di punizione) ricordo un palo esterno di Messi (sempre su calcio piazzato) e un paio di altre occasioni nitide. Nel secondo tempo non ricordo grandi interventi di Abbiati. Questo non significa che il Milan mi sia piaciuto, penso però che contro la squadra più forte del pianeta abbia giocato una partita onesta. Sono rimasto impressionato dalla condizione fisica degli attaccanti blaugrana, forse la differenza vera è in gran parte lì. Mentre Cassano passeggiava e Pato - gol a parte, bellissimo - veniva regolarmente anticipato, Villa, Messi e Pedro erano in movimento perpetuo. Però stasera il mantra blaugrana ha funzionato fino a un certo punto, la difesa del Milan non si è lasciata ipnotizzare più di tanto, e questo - considerati i valori in campo - è un merito. Se non ci fosse la stata la zuccata di Thiago Silva in zona-Cesarini la penserei un po' diversamente, ma poco: dopo la partita contro la Lazio temevo un tracollo e invece, con un poquito de suerte, abbiamo portato a casa un risultato d'oro. D'altronde, come diceva Vujadin Boskov: partita finisce quando arbitro fischia. Alegher. C.S.

Allegri's list

Fin qui Allegri è stato bravo, vincere campionato e supercoppa all'esordio non è da tutti, anche se la squadra si chiama Milan. Ho la sensazione che - se un po' di fortuna lo assiste - con lui potremmo vedere un calcio frizzante, sorprendente. Le sue intuizioni in questi mesi sono state tutte all'insegna della velocità, Boateng, Abate e Robinho le carte che ha saputo giocare al meglio e che hanno fatto la differenza vera. Stasera al Camp Nou - data l'assenza di Ibra - vedremo probabilmente altri due giocatori che sembrano avere le caratteristiche per confermare il progetto che mi pare abbia in testa: Emanuelson e Nocerino. Giocheranno davanti alla difesa insieme a Van Bommel, con Seedorf e Boateng pronti ad alternarsi negli inserimenti al fianco di Pato, e mi sembra la scelta di partenza più intelligente. Se il papero sarà in serata di grazia e il Milan riuscirà a conquistare qualche palla a centrocampo e ripartire (tra il dire e il fare...) è il giocatore che - con la sua velocità - più di chiunque altro può mettere in crisi una difesa che schiera due centrali come Mascherano e Puyol. Allegri lo sa e preferisce - almeno così pare - non regalare nulla a centrocampo per cercare di sorprendere la difesa blaugrana con il gusto della giocata improvvisa. Difficile, ma senza Ibra credo che sia la strada più naturale e – in qualche modo - obbligata. Sempre che la Dea Eupalla non decida - anche stasera - di ispirare il folletto più geniale del calcio mondiale, perchè in quel caso avremmo poche speranze. Piuttosto, in questi giorni Allegri è stato bistrattato da più parti per non avere inserito Inzaghi (e nemmeno El Sharawi) nella lista Champions, e il destino lo ha accontentato immediatamente, visto che oltre a Ibra non ci sarà nemmeno Robinho (che per le sue caratteristiche è un'assenza altrettanto pesante). E' davvero misterioso capire la ragione dell’inserimento di Gattuso (che salterà per squalifica cinque partite su sei, che potrebbe anche essere una fortuna…) quando in rosa ci sono solo tre punte vere. Stasera con Cassano in campo la panchina non avrebbe alcuna alternativa offensiva, e il paradosso raddoppierebbe in negativo. Lo staff tecnico del Milan si è dimenticato della squalifica di Gattuso ? Mi sembra l'unica spiegazione plausibile. Se invece, come dicono i protagonisti, è una scelta, allora non so se preferire la maldestraggine consapevole del Milan o quella distratta dell’Inter con Forlan… 
E comunque: Forza Vecchio Cuore Rossonero. C.S.