giovedì 27 ottobre 2011

Inter di nuovo all’ennesima ultima chiamata? Se è così, io ci credo!

I ragazzi nerazzurri faticano e stentano, inutile negarlo. Forse è davvero finito un ciclo, forse no, ma è indubbio che la situazione complessiva sia allarmante, anche se per alcuni versi si può meglio definirla come kafkiana. Infatti, se da inizio stagione, oltre all’arrancare generale si aggiungono gli evidenti errori arbitrali, quello che ne esce – e parlo soprattutto dall’arrivo di Ranieri in poi - è la posizione attuale di classifica. Semplicemente orribile, e che ci vede del tutto impreparati e – posizionati là sotto – in assoluta apnea. E non si tratta certo che siam qui a piangerci addosso: per fare solo due esempi, il rigore ed espulsione su Obi (ma mi sembra di averlo già detto) contro il Napoli farebbero gridare allo scandalo chiunque dotato di buon senso unito ad un pizzico di imparzialità super partes; quello dato all’Atalanta in chiusura di partita è stato una vergogna senza appello, e dobbiamo ringraziare Castellazzi (e Denis, che ha fatto un tiro centrale da bambino spompato) se oggi possiamo evitare di parlare ancora una volta di crisi irreversibile. La vedo male, poi, anche perché ci sono singoli che alternano prestazioni ottime a cadute evidenti di tenuta fisica e psicologica (penso a Chivu e a Lucio, soprattutto), alcuni sono del tutto fuori fase in ogni senso (Milito su tutti), altri vivacchiano senza lampi (spiace qui citare, oltre a Nagatomo e da ultimo arrivato Maicon, anche Zanetti, stranamente troppo a lungo spaesato, ormai, e ce ne dovremmo forse cominciare a fare una ragione che avvicini in maniera sobria all’ineluttabile distacco). Bella solo la sorpresa di Zarate, che comunque continua a sbagliare troppo (almeno una volte su tre quando tocca palla) ma che è evidente quanto consideri l’occasione di giocare nell’Inter come quella che può valere tutta una vita professionale, e ce la sta indubbiamente mettendo tutta, complici senz’altro anche gli incredibili bonus sugli assist andati a buon fine: solo con quelli ha già guadagnato quanto un impiegato di medio livello in un anno di onesto lavoro.
La partita in cartello contro la Juve di sabato prossimo ha, ancora una volta, il sapore dell’ultima chiamata utile. Io sono dell’idea che, al di là di una auspicabile e (davvero lo penso) più che possibile vittoria, se ne esce un pareggio ci può anche stare, ma se si capitola (con o senza errori dell’uomo in giacchetta di turno) dobbiamo cominciare a preoccuparci seriamente, e a guardare al mercato di gennaio come ultimo appiglio possibile per non veder naufragare del tutto la stagione. Qualche amico di fede mi diceva, senza troppo scherzare, che il guaio non è stato tanto il nostro pareggio a Bergamo, ma la vittoria del Bologna a Verona. All’inizio non ho capito il senso, poi mi sono accorto dello sguardo rivolto al baratro dietro di noi: mi viene da sorridere (ancora è così) perché non credo sia un problema da ritenersi reale, ma vero è che più ci stacchiamo da quella melma e meglio sarà per le nostro coronarie. Il fatto che ci venga più da pensare a questo piuttosto che – ad esempio - al Milan che infila quaterne di squadra a raffica e triplette ad opera di singoli anche impensabili (intendo Nocerino: ma perché a uno così, preziosissimo, noi non abbiamo mai pensato?) è comunque indicativo. Triste invece, pensare che là in alto, oltre ai bianconeri che forse subito possiamo contribuire a ridimensionare (ripeto che ci credo), ci siano squadre come l’Udinese, il Napoli, la Lazio (la Lazio!), oltre che l’Atalanta se non fosse partita penalizzata (e meno male: adesso ci è quasi alla pari, ma solo quasi…).  L’allarme non è ancora rosso (nemmeno rossonero: abbiamo spazio per accorciare su di loro e poi abbiamo da giocarci un derby, e quelle sono partite che da sole possono cambiare un destino) ma tendente all’arancione. Siccome io preferisco di gran lungo il nero unito all’azzurro (almeno quando si tratta di calcio), spero che presto il cielo del nostro futuro, sia in campionato che in coppa , riprenda a illuminarsi con queste tinte. Questione di abitudine, fra l’altro, oltre che di censo. T.M.

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