mercoledì 7 settembre 2011

Andrea Pirlo

Negli idiomi lombardi il verbo pirlare significa girare, nell’accezione estesa si intende “su se stessi”, nello sviluppo ulteriore – perché nei dialetti l’importante è esagerare – vale il verbo cadere. Non contento di un delta tanto ricco il verbo pirlare ha generato l’aperitivo più popolare del bresciano, che si chiama “pirlo”, un cocktail composto da spumante Franciacorta, Bitter Campari e seltz. Andrea Pirlo è un po’ tutto questo (caduta a parte): nel modo di dribblare indugiando veronica, sovente reiterata, nell’imprevedibilità di certe aperture “no look”, in un calcio mai banale che tiene sveglie le papille di chiunque ami questo gioco. Quando nel 1998 andò all’Inter per noi rossoneri fu un duro colpo, nel Brescia e nell’Under 21 era una gioia per gli occhi. Quando nel 2001 l’Inter lo cedette al Milan a titolo definitivo pensavo che fosse uno scherzo, un fuoriclasse come lui avrebbe potuto fare la fortuna di qualsiasi grande squadra. Infatti. Può giocare in qualsiasi posizione del centrocampo, è partito da mezzala ed è approdato al ruolo di centromediano metodista avanzato, dotato di un tiro portentoso e di un senso della posizione innato. Nei momenti di difficoltà è l’ossigeno, in quelli di agevolezza il battito. Uno che non ha paura di sporcarsi le mani, se serve il mediano non manca mai all’appello, nonostante le sue doti di fiorito dicitore. Mai una dichiarazione sciocca, una protesta plateale o un fallo cattivo. Semplicemente, un grande calciatore; uno di quelli in grado di determinare il gioco e le sorti di qualsiasi grande squadra. Avrei scommesso sul rossonero a vita e invece Pirlo da quest’estate è bianconero e non sarà facile metabolizzare la perdita di un fuoriclasse. Sarebbe stato un capitano ideale nel segno dello stile, in campo e fuori. C.S.



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