Osservo anzitutto che nel giro
di poche partite in termini temporali siamo passati dal ribaltare il risultato
di Cesena (una delle ultime del campionato scorso) con due gol fatti nel giro
di tre minuti di recupero oltre al 90esimo (a proposito: Pazzini dove sei?), a
prenderne altrettanti e più o meno nello stesso lasso di tempo verso la fine
della partita con il Palermo. Credo che la differenza fra le due Inter (quella
di… ieri e quella di oggi) stia proprio tutta qui: nella voglia di vincere
mostrata in quel finale di stagione in Romagna contrapposta all’incapacità di
tenere o reagire (anche se ci stavamo quasi riuscendo: Forlan l’ha messa dentro
in uno degli ultimi attacchi disperati) nel recente finale di partita in
Sicilia. La squadra è - nella sua ossatura centrale (non nell’insieme: troppe
le assenze, e i giovani non sono ancora pronti se non già quasi bruciati) -
quasi la stessa (a parte Eto’o, ma preferisco dimenticarmene) ma la mentalità è
in maniera molto evidente cambiata, quasi invecchiata di colpo, forse solo
semplicemente non ancora registrata (ma ne ha davvero voglia, di registrarsi?)
rispetto alle idee del nuovo allenatore e di conseguenza adeguatamente
orientata verso gli obiettivi futuri. Basta vedere Zanetti, che fra Palermo e
Roma ha commesso un numero di errori quasi pari a tutti quelli fatti in una
ventennale carriera in nerazzurro. Oppure Julio Cesar, sorpreso come un
acchiappafarfalle o un Dida qualsiasi dalla stangata di Pinilla per il
definitivo cannolo del 2 a 4. La solfa è un po’ cambiata, ma solo un po’, in
occasione della partita casalinga con la Roma. Anche perché è difficile
comprendere, digerire e giustificare un possesso palla al 70% avversario: vuol
dire che si è a corto di fiato o di idee, o di tutte e due le cose, e quindi la
condizione migliore (fisica e psicologica) è ancora molto lontana dal venire. Se
poi le occasioni di gol ci sono state le stesso, poco importa, anzi peggio:
vuol dire che non si riesce a finalizzare sotto porta, e così in fin della
fiera non si salva nemmeno l’attacco (non voglio più sentire che “Milito è
finalmente ritrovato”!) oltre ad una difesa ballerina (e quando i ballerini
sono tre vengono i brividi!) e un centrocampo in evidente stato confusionale a
partire da chi dirige l’orchestra (chiaramente incazzato per aver avuto in
consegna una bacchetta spuntata) fino a chi deve fare da filtro (e qui intendo
solo un ancora parecchio sotto tono Cambiasso: gli altri interpreti titolari
preferisco constatare che semplicemente ancora non si sono esibiti, e i giovani
– se ci si riesce – vorrei rimandarli quantomeno a giugno).
Ho detto di Novara e accennato
all’allenatore. Difficile che se va male oggi (ed è assolutamente possibile: la
sensazione di botta negativa c’è tutta) per Gasperini si possa pensare ad un
allungamento della vita in nerazzurro. Mi dispiacerebbe assai, ché l’uomo e il tecnico
(il mix delle due cose per me è fondamentale) mi convinceva fin dal momento del
suo arrivo in quel di Appiano, ma la nostra storia dice che a un distacco in
termini di punti anche meno incolmabile di così all’inizio di una stagione ha
sempre imposto quasi subitanei cambiamenti nella conduzione della squadra. Mi
pare che il destino, passando noi appena il confine regionale per andare ad
esibirci (?) su quel sintetico, in caso di deblacle
sia irrimediabilmente segnato, anche solo se si tratterà di altra prova da
brodino caldo. Juve e Napoli avrebbero davvero modo di spiccare il volo, e a
quei ritmi mi sa che non li ferma quasi più nessuno. Nemmeno i cuginastri,
forse, e questa è l’unica nota quasi positiva di tutto l’ambaradan fin qui
confuso che ci ha regalato il campionato , anche se mi viene da suonarla a tono
basso: ritrovarsi insieme nella disgrazia di un’annata mediocre con gli odiati
(simpaticamente, eh!) rossoneri è davvero consolazione appena appena
sopportabile. Della quale, naturalmente, preferirei volentieri fare a meno. T.M.
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